GUIDA TURISTICA DI TORPERNACCHIA

29 Maggio 2012 1 Di Life

Dopo aver visitato il castello, è d’obbligo una passeggiata sullo splendido lungomare di Torpernacchia.

 Da PIAZZA CASTELLO, immettersi su VIA DEI MARINAI, e proseguire in direzione sud fino al VIALE DEL LUNGOMARE.

Prima di giungere a destinazione, incrocerete una strada – un tempo chiamata VIA DEL PARCO – che richiede un po’ di attenzione poiché essa è stata al centro di una delle storie più interessanti di questo paese.

La denominazione della via, infatti, alcuni decenni orsono ha dato origine ad una furiosa polemica che ha agitato a lungo la vita tranquilla di questa quieta cittadina, ed ancora oggi non è del tutto risolta.

La suddetta strada porta per l’appunto ad un parco che di per sé non merita una visita: di fatto è poca cosa: quattro pini rinsecchiti e due aiuole spelacchiate. Ed anche la via, a voler essere sinceri, ha ben poco di attraente sul piano estetico ed architettonico. Il motivo per cui vale la pena, però, sostare un attimo all’incrocio con questa strada risiede nella storia che vi andremo ora a raccontare.

Un tempo, questo parco male in arnese era il luogo in cui le coppiette del paese si appartavano per scambiarsi dolci parole e baci innocenti. Erano altri tempi, è vero, ma i tempi stavano già cambiando: e così poteva capitare che a parole e baci seguissero carezze ben più ardimentose.
Una sera, mentre una giovane ragazza ed il suo fidanzato, approfittando dell’oscurità e dell’isolamento, indugiavano in carezze di tal fatta, da una delle aiuole spelacchiate apparve bruscamente un omaccione alto, robusto, con i capelli arruffati e gli occhi spiritati.
“Puttana!” gridò l’omaccione, “puttana tu, e anche tua madre!” Così dicendo, si abbassò i pantaloni e mostrò le pudenda ai due malcapitati ragazzi; poi scappò via goffamente, inciampando nelle braghe, prima di sparire nel buio.
L’evento tornò a ripetersi diverse altre volte, sempre uguale. Mentre baci, parole e carezze si infuocavano sotto i pini rinsecchiti, ecco che sbucava dall’aiuola quest’omaccione, e gridava: “Puttane! Puttane voi e le vostre madri!” E giù i pantaloni, per poi scappare con i genitali ciondoloni.

Le coppiette, terrorizzate, smisero di frequentare il parco, e per cercare un po’ di riservata intimità, dovettero scendere fin giù alla marina e lì appartarsi tra le dune della spiaggia.

 Alcuni sociologi autoctoni ritengono che fu quello il momento in cui nel paese si sia realizzata pienamente la cosiddetta rivoluzione sessuale.

Tuttavia, queste considerazioni non hanno rilevanza alcuna al fine del nostro racconto.

 Così come rilevanza non ha il fatto che la forza pubblica identificasse in tempi relativamente brevi l’omaccione, ed ancora più in fretta provvedesse a rinchiuderlo in un manicomio – si discusse lungamente sulle circostanze in cui questi aveva perso il senno: taluni dicevano che lo avesse sacrificato alla patria durante la prima guerra mondiale; talatri che lo avesse smarrito a seguito del naufragio del bastimento su cui era imbarcato, diretto verso le Americhe: fortunosamente, il naufrago ebbe salva la vita, ma in quella sciagura perse i pochi risparmi ed il sogno di un’esistenza tra grattacieli scintillanti e fabbriche fumanti; così, tornato al monotono paese, dicevano, era sprofondato nella pazzia.

Guerra o non guerra, America o non America, non è questo quel che conta. Quel che conta è che a seguito dei fatti prima narrati, qualche burlone cambiò con un pennarello il nome della strada sulla targa: VIA DEL PARCO diventò VIA DEL PORCO.
L’improvvida modifica non fu notata immediatamente. Fu segnalata all’autorità giudiziaria solo alcuni anni dopo da un solerte postino, il quale fece causa al comune affermando che il cartello manomesso aveva creato una tale situazione di confusione e di incertezza sul luogo di lavoro che – insisti oggi, insisti domani – il suo intero sistema endocrino aveva sofferto delle conseguenze irreparabili.
Il comune, difeso da un valentissimo avvocato, perse la causa e dovette pagare danni fisici e morali al povero postino. Allora, il sindaco provvide a sostituire la targa manomessa con una che ristabiliva il nome originale della strada.
Ma a quel punto accadde l’imponderabile: una parte della cittadinanza si ribellò poiché ormai aveva fatto l’abitudine a quella denominazione goliardica, e riteneva che di fatto questa dovesse essere considerata il vero nome della strada.

Proprio mentre infuriava la polemica ed i cittadini si dividevano in due fazioni in violenta contrapposizione – il partito del parco ed il partito del porco – accadde un fatto prodigioso: una cagna randagia, tutta ossa, ma con un ventre rotondo come la luna piena, risalì dalla marina fino al parco, e nel bel mezzo della strada in questione stramazzò schiantata dalle doglie. E lì partorì trentasette piccoli cagnetti. Trentasette! A seguito del prodigio nacque una terza fazione che voleva che la strada fosse chiamata VIA DEL PARTO.

Il conflitto fu risolto solo dopo molti anni, allorquando fu eletto sindaco un uomo assai saggio, pacato, acuto. Questi decise di intitolare il parco al matto che spuntava dall’aiuola abbassandosi i pantaloni: Il Parco del Porco; e la strada, di conseguenza, fu denominata VIA DEL PARCO DEL PORCO. Alla cagna fu dedicata una statua di bronzo proprio all’ingresso del parco.

Quando la pace nel paese sembrava ristabilita, accadde l’imprevisto: giusto al centro del parco furono riportate alla luce le rovine di un piccolo porto risalente all’epoca romana. Subito riesplose la polemica poiché il partito di maggioranza in consiglio comunale propose – al fine di sviluppare il turismo – di valorizzare l’area archeologica e di dare un nome più dignitoso e al parco e alla strada, ribattezzandola VIA DEL PORTO.

Perciò, abbandonando PIAZZA CASTELLO, quando vi sarete immessi su VIA DEI MARINAI, proseguendo in direzione sud, prima di arrivare su VIALE DEL LUNGOMARE, incrocerete una strada che si può chiamare – a seconda delle circostanze e dell’angolo in cui vi trovate – VIA DEL PARCO, VIA DEL PORCO, VIA DEL PARCO DEL PORCO, VIA DEL PARTO o VIA DEL PORTO.
Voi proseguite sempre diritti, non vi fermate neanche al parco archeologico perché, al di là di quel che dice l’assessore al turismo, non merita una vera e propria visita. Scendete piuttosto sullo splendido lungomare e lì abbandonatevi ad una piacevolissima passeggiata, prima di concedervi un lauto pranzo o una cena rifocillante alla Taverna del Marinaio Guercio, di Gigi Colesterolo, mio cugino.

Tratto da Ciro Minuzzo, Guida Turistica di Torpernacchia, pp. 123-127.