La macchina mangiasoldi, e senza logica, che abbiamo al Comune

La macchina mangiasoldi, e senza logica, che abbiamo al Comune

16 Gennaio 2013 3 Di Life

È un luogo comune, tanto nella storia quanto nell’economia, considerare i contribuenti (anche se meglio sarebbe dire, a seconda della linea di pensiero a cui va la nostra preferenza, i “tartassati” o i “derubati”) alla stregua di pecore da tosare periodicamente. Ma questo sarebbe ancora il meno, atteso che il padrone del gregge, se non è un folle, pretenderà dalle sue pecore solo la lana e magari un po’ di latte.

Assistiamo invece, da qualche tempo a questo parte, alla macellazione vera e propria di alcuni capi del gregge perché il padrone si ritrova con troppi debiti da pagare e, non sapendo più come onorare gli impegni presi, è venuta meno qualsiasi preoccupazione circa la conservazione del capitale. Laddove non vi sia ancora chiaro, i cittadini costituiscono il “capitale” sul quale lo Stato può contare sia per ottenere lana e latte (che fanno da “rendita” utile per pagare gli interessi sul suo debito) sia, all’occorrenza, quando cioè ne macella alcuni, capitale da utilizzarsi nei casi estremi (allorquando cioè il suo debito diventa così alto che lana e latte non bastano più per sostenerne il costo sotto forma di interessi).

In barba ad ogni sano principio contabile, il quale vorrebbe che le dismissioni di capitale (ovvero la sua vendita) fossero utilizzate soltanto per abbattere la massa debitoria, oggi l’attacco al patrimonio dei cittadini avviene unicamente per sostenere il costo di interessi più alti. È ciò che abbiamo visto fare anche al governo dei “tecnici”; poteva forse sottrarsi a tale pratica un’amministrazione, quella di Palagiano, composta di “politici” per di più incapaci?

Accade perciò che questi decidano di emettere un spropositato numero di accertamenti (si parla, ufficiosamente, di 2.600 cittadini i quali singolarmente si sono visti recapitare ben 5 accertamenti TIA relativi a 5 diversi esercizi finanziari) che fanno un totale di 13.000 (!!!) accertamenti in un colpo solo e senza preoccuparsi minimamente dell’impatto che potranno avere sulla salute, non solo economica, del gregge.

Immaginiamo adesso che ognuno di questi accertamenti comporti un gettito medio aggiuntivo, per il Comune, pari a 100 euro (mi mantengo basso per prudenza); il totale fa 1.300.000 euro. La domanda che sorge spontanea è: “Caxxo se ne farà il Comune di questa ingente massa di denaro?!”

Logica e anche equità vorrebbero che detti soldi fossero devoluti, in modo proporzionale alle spese sopportate, ai cittadini che hanno pagato per intero la propria quota di tariffa e parzialmente quella altrui.

La TIA infatti funziona in questo modo: assunto che la tariffa complessiva sia pari a 100, se il suo costo ricade proporzionalmente (per semplicità di discorso) su 10 utenti, avremo per ogni utente l’obbligo di partecipare per un decimo al costo complessivo. Vale a dire che ogni utente avrebbe dovuto pagare 10 in ognuno degli anni trascorsi.

Stando invece agli accertamenti di questi giorni, è accaduto che qualche utente non abbia pagato la propria quota o che non l’abbia versata interamente; in pratica, sempre per semplificare, è come se dei 10 utenti ipotizzati 5, invece di 10 abbiano pagato 7. Appare dunque ovvio dedurre che il 3 mancante dalla loro quota sia stato pagato dai rimanenti 5, che al posto di 10 hanno dovuto versare 13. È dunque a questi ultimi 5 utenti che andrebbero adesso restituite le somme che il Comune sta per incassare.

Credete che le cose andranno in questo modo? Se sì, vi state illudendo.

Non sapete infatti che l’amministrazione avrebbe già deciso di utilizzare una parte di quel denaro (300.000 euro circa, se la memoria non m’inganna) per pagare vecchi conti ancora insoluti con la CISA di Massafra (l’inceneritore, in parole povere). Questo debito risale ai tempi in cui l’amministrazione Ressa decise, in maniera proditoria e senza averci capito granché, di contestare le fatture emesse dalla CISA. Si sosteneva, allora, che gli importi riportati su quelle fatture fossero troppo alti, in quanto calcolati sulla base di prezzi unitari ritenuti esosi; il Comune quindi pagò solamente la parte che riteneva fosse “congrua” e lasciò ai posteri di sbrigarsela con la parte rimanente. È giunto il giorno, stante la risposta inderogabile venuta dalla Regione, che ha giudicato congrui i conti fatti dalla CISA, di pagare!

Rimane però un altro milione, del 1.300.000 euro che gli “infedeli” dovranno versare, nella disponibilità del Comune; il Comune lo restituirà ai suoi legittimi proprietari, cioè i cittadini che hanno pagato il loro conto e parte di quello altrui?

Se pensate ancora che sì, vi state illudendo nuovamente.

Quel milione tornerà utile per gli anni a venire agli amministratori i quali, impegnati come sono nella difficile operazione consistente nel farci credere che “la tariffa, nonostante il porta a porta, non è cambiata”, se ne serviranno per coprire eventuali mancati gettiti futuri; derivanti, dovreste averlo capito, dalla volontà di nascondere ai nostri occhi la “magnificenza” di un disastro economico-finanziario senza precedenti nella storia di Palagiano: quello relativo a una tariffa cresciuta di quasi il 40% nel giro di pochi anni!

Dovesse, molto improbabilmente, verificarsi la corrispondenza tra le esigenze di uscita e le entrate, derivante dalle novità introdotte nel nuovo Regolamento TIA, non aspettatevi affatto la restituzione di soldi che sono legittimamente vostri. Sono pronto a scommettere che i nostri illuminati amministratori conoscono già il modo per trasformarli in “servizi” (in)utili alla cittadinanza; ovvero, regalie agli amici e agli amici degli amici. E pazienza se a pagarli saranno i pochi fessi che loro considerano “fedeli”.

Mimmo Forleo