OSKAR, NEW YORK E L’11 SETTEMBRE

11 Settembre 2012 1 Di Life

«C’è una chiave d’oro che apre tutte le porte», dice un vecchio adagio. La chiave che Oskar tiene appesa sul petto non è d’oro: è una piccola chiave che dovrebbe aprire una comune cassetta di sicurezza. Oskar non sa dov’è questa cassetta, ma ha deciso che trovarla è la sua “principale ragion d’essere”.

Ma come si trova una serratura quando non sai da dove cominciare a cercare? In una metropoli come New York? E perché, poi, questa chiave è così importante per lui?

Oskar Schell è il protagonista di “Extremely Loud & Incredibly Close” (in italiano, “Molto forte, incredibilmente vicino”, Guanda, 2005), un romanzo di Jonathan Safran Foer, talentuoso scrittore americano nato a New York nel 1977.

Oskar ha nove anni, ed è un bambino piuttosto particolare: il suo biglietto da visita spiega che è un inventore, disegnatore e fabbricante di gioielli, entomologo amatoriale, francofilo, vegano, origamista, pacifista, percussionista, astronomo amatoriale, consulente informatico, archeologo amatoriale, e collezionista di svariati oggetti. Vive a Manhattan con sua madre. Suo padre Thomas, morto nel “giorno peggiore”, era un gioielliere, ed è rimasto intrappolato in una delle torri gemelle del World Trade Center l’11 settembre.

L’attacco terroristico che ha colpito New York è l’ombra che si stende sulla storia di Oskar. Lo ha lasciato con una una ferita che non si può sanare, con il dolore indicibile ed insensato di una famiglia a cui non resta che seppellire una bara vuota poiché il corpo di Thomas non è mai stato ritrovato tra le macerie di Ground Zero.

Quando, tra gli oggetti del padre, si imbatte in un vaso di vetro azzurro, e dal vaso viene fuori quella chiave contenuta in una busta su cui c’è scritto “Black”, Oskar cerca di scovare la serratura da aprire, sperando di scoprire chissà cosa a proposito del padre. L’unico indizio è proprio quella scritta: la traccia da seguire, a quel punto, è semplicemente la ricerca di ogni persona che si chiama Black a New York.

Una chiave d’oro apre tutte le porte. La chiave di Oskar apre le porte che lo metteranno a contatto con persone ordinarie o stravaganti, gentili o brusche, talune isolate, altre alle prese con i propri affari e le proprie sofferenze: «Così tante persone entrano ed escono dalla tua vita! Centinaia di migliaia di persone! Devi tenere la porta aperta cosicché loro possano entrare. Ma questo significa anche che devi lasciarle andare!»

Una chiave d’oro apre tutte le porte, ma ci sono momenti in cui questa chiave si perde sotto le macerie degli eventi, e all’umanità resta invalicabile la soglia stessa della vita. Succede quando la grande Storia ti cade addosso e seppellisce tutto: come a Dresda o a Hiroshima nel 1945, o a New York nel 2001.

Il nonno di Oskar, impariamo attraverso le pagine del romanzo, è sopravvissuto al bombardamento di Dresda durante la seconda guerra mondiale; ma sopravvivere a quest’orrore ha significato per lui perdere la possibilità di vivere. Quindi, ha perso anche le parole: gli restano solo un “No” tatuato sulla mano destra, e un “Sì” sulla mano sinistra.

Una chiave d’oro apre tutte le porte. Oskar non sa cosa aprirà la chiave che gli pende dal collo, ma a lui non resta che cercare, continuare ad inseguire quella flebile traccia pur non sapendo cos’è che sta cercando veramente: «Ma se non mi dici niente, come potrò mai sapere di avere ragione? – Un altro modo di guardare a questo potrebbe essere: come potresti mai sbagliare?»

L’assenza delle persone che abbiamo amato e che ora non ci sono più ci lascia senza respiro, è un vuoto incolmabile. L’11 settembre è anche questo: non è solo l’evento drammatico con cui è cominciato il nuovo millennio; è il dolore e l’angoscia intima degli uomini e delle donne e dei bambini che quel giorno hanno perso un padre o una madre, un figlio, la moglie o il marito, gli amici.

Attraverso l’arte, attraverso la letteratura, nelle pagine di un romanzo bello e commovente, cerchiamo di ritrovare le parole quando la storia ci piomba addosso e seppellisce tutto.

GIUSEPPE PICCOLI