E’ GIUNTO IL MOMENTO DI PENSARE AD UN PROVVEDIMENTO EQUO DESTINATO A PROVOCARE UNA ROBUSTA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

E’ GIUNTO IL MOMENTO DI PENSARE AD UN PROVVEDIMENTO EQUO DESTINATO A PROVOCARE UNA ROBUSTA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO

8 Maggio 2015 3 Di Life

L’ARDeP (Associazione per la Riduzione del Debito Pubblico) ha pubblicato il verbale dell’Assemblea 2015; riportiamo di seguito il testo del contributo del palagianese Cleto Iafrate.

Fonte: http://www.ficiesse.it

BASTA CON LE IMPOSTE AD EFFETTO TAMPONE. E’ GIUNTO IL MOMENTO DI PENSARE AD UN PROVVEDIMENTO EQUO DESTINATO A PROVOCARE UNA ROBUSTA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO – di Cleto Iafrate

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Mi pare che in Italia la percezione dei rischi connessi all’aumento del debito pubblico sia del tutto insufficiente rispetto alle reali dimensione del problema; nel prossimo futuro l’Italia corre seri rischi di finire come la Grecia e di travolgere in un vorticoso effetto domino anche gli altri Paesi dell’area euro.

Negli ultimi decenni lo Stato italiano s’è indebitato parecchio, il debito pubblico ha superato da tempo  quota 2.000 miliardi di euro e i contribuenti italiani spendono annualmente svariate decine di miliardi per pagare gli interessi sul debito, sotto forma di sempre maggiori imposte ovvero di minori servizi (il debito genera altro debito).

Nel corso degli stessi decenni, però, alcuni soggetti economici, sottraendosi al pagamento delle imposte dovute, si sono arricchiti sfruttando l’inidoneità delle attuali norme tributarie a sottoporre a giusta tassazione i loro redditi e patrimoni; ciò anche grazie ad una normativa che non ha saputo contrastare nella giusta misura l’autoriciclaggio dell’evasione. Il 50% della ricchezza italiana, perciò, è finito nelle mani del 10% delle persone.

L’evasione fiscale italiana è pari al 18% del PIL; ciò significa che ogni anno sfuggono a tassazione oltre 200 miliardi di euro e per alcune categorie di contribuenti, l’evasione è pari addirittura all’80% del reddito totale prodotto. A tal proposito si consideri che il patrimonio mobiliare e immobiliare degli italiani ammonta a circa 9.000 miliardi di euro.

Per far fronte anche, e non solo, agli interessi sul debito vengono annualmente varate nuove tasse dai nomi più fantasiosi: si è passati dall’ICI all’IMU, per finire alla TASI; e proprio in questi giorni si inizia a parlare di TUC (Tassa Unica sulla Casa).

Tali imposte non sono altro che delle “micro-patrimoniali ad effetto tampone” che, rispondendo a logiche propagandistiche, continuano a rimandare, senza mai risolvere, il problema. Si tratta di piccole patrimoniali con cui vengono rastrellate risorse con criterio proporzionale, cioè distribuendo il carico fiscale indistintamente sull’intero patrimonio degli italiani.

Il criterio proporzionale, se ripetuto ciclicamente (ogni anno), è iniquo e fonte di sperequazioni dal momento che non tiene conto del differente profilo di fedeltà fiscale che contraddistingue ciascun contribuente e, ridistribuendo su tutti gli ammanchi di cassa, sposta masse di ricchezza dalle tasche dei contribuenti in quelle degli evasori.

La verità è che se non si pone un freno alla corsa inarrestabile del debito, le tasse non potranno che aumentare e quando non aumentano, il cittadino non ha motivo di stare sereno, in quanto al mancato aumento corrisponderà certamente una diminuzione dei servizi essenziali, quali l’istruzione, la sanità, la sicurezza.

Prima di introdurre la proposta, accolta nel terzo dei nostri punti programmatici, riporto la sintesi di alcune notizie ANSA; si tratta di tre casi non isolati di evasione:

ANSA – 15 febbraio 2012. Un pensionato padovano, trovato con 2,5 milioni in titoli ed azioni e proprietario di 42 fabbricati, chiedeva prestazioni sociali agevolate al Comune di residenza. È di oltre 6 milioni di euro il valore del patrimonio – tra immobili, titoli e contanti – nelle disponibilità del pensionato che dichiarava di essere nullatenente. Le forze di polizia lo hanno individuato attraverso una serie di controlli sull’edilizia residenziale in città, secondo un piano messo in atto sotto l’egida della Prefettura di Padova, e sviluppato in sinergia con la Guardia di Finanza.

ANSA – 18 marzo 2012. Un 60enne milanese risultava totalmente sconosciuto al fisco, ma nella realtà dei fatti era proprietario di una trentina di immobili dati in affitto a viados ai quali chiedeva importi esorbitanti, circa 1.000 euro al mese pagati in nero. La Guardia di Finanza aveva iniziato a indagare su di lui dieci anni fa, a seguito delle numerose denunce provenienti dai residenti nella zona.

ANSA – 11 maggio 2012. Una prostituta riminese 68enne, ancora in attività, con 2 milioni e mezzo di euro ed evasore totale per l’Erario. La donna, non aveva mai presentato dichiarazione dei redditi, quindi risultava praticamente sconosciuta al Fisco e riceveva un assegno sociale di 450€ al mese in quanto nullatenente. Le indagini della GdF sono partite grazie alle informative trasmesse dall’Uif (Unità di informazione finanziaria di Bankitalia).

Evidenzio che nei casi sopra esposti l’evasore non viene scovato mai in maniera diretta, per così dire, chirurgica, ma sempre in modo indiretto: nel primo caso, attraverso controlli sull’edilizia residenziale, nel secondo, a seguito delle continue lamentele dei vicini e, nel terzo, a seguito di informativa trasmessa dall’Uif. A ciò si aggiunga che una volta individuato l’evasore, la vigente normativa consente di accertare solo l’evasione degli ultimi 5 anni; il patrimonio nella sua disponibilità, però, spesso è il frutto dell’attività illecita di un’intera vita. Patrimonio che poi viene trasmesso agli eredi, in sede di successione, in modo quasi esentasse.

Se la parola “giustizia fiscale” ha un senso, urge un atto di giustizia riparativa. E’ giunto il momento di pensare ad un provvedimento, una tantum, destinato a provocare una robusta riduzione del debito pubblico.

Entrando nel merito della proposta, si tratta di stabilire per ciascun contribuente una ben calibrata Aliquota Personale Congrua (APC), mettendo a confronto il patrimonio detenuto con i redditi dichiarati nel più lungo arco di tempo consentito dal sistema informativo dell’Anagrafe tributaria. Ponendo in relazione il reddito medio dichiarato con il patrimonio detenuto (ovviamente tenendo conto delle successioni ereditarie e delle rivalutazioni monetarie) ben si potrebbe ricavare la congruità tra i due valori.

In basa a questo criterio, alcuni patrimoni verrebbero tassate al minimo (quelli congrui) ed altri con aliquote superiori (quelli incongrui, quindi, evidentemente, nella disponibilità degli evasori, salvo prova contraria a loro carico).

Con lo stesso criterio andrebbe riformata l’imposta di successione e donazione, la cui aliquota dovrebbe dipendere dalla congruità dell’asse ereditario alla media del reddito prodotto e dichiarato in vita dal de cuius. Parimenti, alcune eredità verrebbero trasferite senza subire alcuna tassazione, altre (quelle di cui non si riesce a dimostrare la provenienza) andrebbero tassate con aliquote superiori rispetto a quella vigente.

Gli onesti contribuenti – anche se titolari di grandi patrimoni, purché detenuti alla luce del sole – non avrebbero nulla da temere da una simile correlazione.

La proposta si basa sulla convinzione che dietro ad ogni patrimonio c’è sempre una persona fisica con una sua storia personale, una sua identità etica e rettitudine morale. Non si può fare “di tutti i patrimoni un fascio”, ma è necessario distinguere caso per caso.

Concludo con le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso di un suo discorso tenuto qui a Roma al Teatro Eliseo il 15 novembre 2012:

«… Sappiamo – anche se qui non si tratta di fare i ragionieri, ma di ragionare politicamente: fare i ragionieri e ragionare sono due cose diverse – che è stato e resta necessario fare i conti con un livello di indebitamento pubblico raggiunto nel corso di decenni e con un grado di esposizione ai rischi del mercato dei titoli del debito sovrano nella Zona Euro, e quindi resta indispensabile perseguire obbiettivi rigorosi, in tempi stretti, concertati in sede europea, di riduzione della spesa pubblica e di contenimento della sua dinamica. Se non facciamo questo, a quale livello schizzeranno gli interessi dei nostri titoli pubblici? Quanto dovremo pagare? C’è anche tanta gente modesta che ha comprato buoni del tesoro: come facciamo a non rendere loro gli interessi che ci siamo impegnati a pagare e che rischiano di crescere? Oggi, dobbiamo pagare fino a 80 miliardi all’anno di interessi sul debito pubblico: che cosa potremmo fare anche solo con una piccola parte di questi 80 miliardi? Dobbiamo scrollarci dalle spalle questo peso insopportabile. E dobbiamo farlo perché altrimenti questi sono i casi e i modi in cui uno Stato può fallire, e non credo che possiamo giocare con questo rischio oggi e nel prossimo futuro, nel nostro Paese, chiunque governi e qualunque situazione politica e parlamentare esca dalle elezioni …».

Totalmente condivisibile la necessità di scrollarci dalle spalle il peso insopportabile del debito; però è molto iniquo porre sullo stesso piano gli interessi dovuti all’onesto risparmiatore e quelli dovuti al pensionato padovano oppure al 60enne milanese. Quest’ultimo, nel corso degli anni, ha avuto la possibilità di autoriciclare circa 30 mila euro al mese. Parimenti iniquo sarebbe sottoporre allo stesso trattamento fiscale gli interessi dovuti alla tanta gente onesta e modesta, che ha comprato buoni del tesoro, e quelli dovuti alla passeggiatrice riminese.