I SILENZI DEL SINDACO, LA RABBIA DEGLI IMPRENDITORI E L’INCOMPATIBILITA’.

13 Ottobre 2012 12 Di Life

Di una cosa bisogna prendere atto. Se oggi si ha la possibilità di assistere ad un Consiglio Comunale certi di non doversi annoiare, questo lo si deve al nostro caro sindaco che ha molta cura affinchè nulla venga lasciato al caso e, organizza al meglio uno spettacolo sempre unico!

Il pezzo forte è stato proprio lui con il suo numero di autoipnosi che l’ha tenuto in trans per tutta la durata del consiglio! Complimenti! Per non parlare della “discrezionalità” da parte del Presidente del Consiglio sul dover decidere a chi applaudire e a chi no e delle affermazioni del dott. Cifone che, in un disperato tentativo di risollevare le sorti dell’amministrazione, non fa altro che peggiorare la situazione.

Ma ora torniamo seri!
Quello a cui si è assistito ieri sera è stata l’ennesima (se pur certi che, purtroppo, non sarà l’ultima) dimostrazione che, questa maggioranza, tutto sia tranne che…una maggioranza!
Ieri sera si è fatto un gioco squallido sulle spalle di gente che, con il loro lavoro, con i loro capitali e con il loro sudore, cercano di dare lustro ad un paese abbandonato dall’uomo e da Dio! E’ vergognoso l’utilizzo di mezzucci subdoli per “cercare” di far credere alla povera gente che le cose stiano al contrario di quelle che realmente sono!
A dire il vero, un rimprovero andrebbe tanto ai “monelli”, quanto ai consorziati. Ai primi in quanto dovrebbero, a nostro parere, cercare di mantenere un po’ di più l’autocontrollo perchè solo così ci si riesce a spiegare nella maniera più corretta; ai secondi perchè, pur condividendo la loro rabbia in quanto, non è possibile giocare con le vite e il futuro della gente, riteniamo che se anche loro avessero cercato di mantenere la calma, tutto quel caos non si sarebbe verificato. Non solo, si sarebbe capito da subito, che l’intervento dei monelli, “molto probabilmente” (e poi spiegheremo il perchè del virgolettato), ha reso legittimo un atto che di per se rischiava di non esserlo (come dichiarato dal segretario facente funzione). La dimostrazione ne è stata il sig. Ciccio Serra che con la sua pacatezza ha spiegato dettagliatamente come stesse la situazione e tutti pare abbiano capito.
Bene quindi hanno fatto i monelli a portare all’attenzione dell’assise il problema e ancor meglio, ha fatto lo stesso assessore rinunciando all’incarico in questione dimostrando disponibilità alla risoluzione di un problema per il bene comune, rinunciando alla propria parcella professionale.
Detto questo però, ci vorremmo soffermate (almeno con questo articolo) solo sul problema dell’incompatibilità dell’assessore:
venuti a conoscenza dell’argomento, abbiamo pensato di documentarci in merito e, sperando di avere quantomeno torto sul fatto che l’atto rischi comunque di rimanere viziato, ci permettiamo di esporre quanto segue:
da una ricerca svolta sul tema, sembrerebbe sussistere forte motivo di incompatibilità tra lo svolgimento della libera professione nello stesso Comune e la carica di assessore ma, per evitare di essere fraintesi, riportiamo di seguito quanto rinvenuto dalla stessa ricerca:

“La legge 3/8/1999 n. 265, all’art. 19 – attuale co. 3 dell’art.78 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con D.Lgs. 267/2000 – relativamente alle condizioni giuridiche degli amministratori locali, stabilisce che “I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.”
Dal tenore letterale della norma si evince che chiunque, Ingegnere, Architetto, Geometra, o comunque libero professionista, competente in materia di edilizia e urbanistica, eserciti la libera professione non può essere, contemporaneamente, nello stesso territorio amministrato componente della Giunta Comunale.
La norma, lungi dal configurare una mera limitazione all’esercizio dell’attività professionale, potrebbe ben configurare una causa d’incompatibilità. L’affermazione sembra trovare un riscontro nella circostanza che il legislatore ha imposto all’amministratore non tanto un obbligo di non fare riferito ad un singolo specifico atto -obbligo cui è normalmente ricollegato l’istituto della astensione- quanto piuttosto un obbligo di non fare riferito genericamente e complessivamente ad un’intera attività, obbligo cui viene usualmente riconnessa la incompatibilità tra la carica pubblica e l’esercizio professionale.
La conclusione è, d’altra parte, l’unica che consente di attribuire un significato pieno ed esaustivo alla norma, che -diversamente- si atteggerebbe a precetto sprovvisto di sanzione non avendo la stessa disciplinato le conseguenze della violazione dell’obbligo imposto.
A tale stregua è da ritenere che la patologia disciplinata non viene meno neanche in seguito al conferimento al libero professionista di altra e diversa delega, in luogo di quella all’urbanistica, lavori pubblici e edilizia privata. Diversamente ragionando si avrebbe che un Ingegnere, Architetto o Geometra potrebbe esercitare la sua professione nel territorio amministrato ed essere, contemporaneamente, componente della Giunta Comunale magari come vice Sindaco ed esercitare quindi tutti i poteri in materia di urbanistica, edilizia e di OO.PP., mentre a qualsiasi altro Ingegnere libero professionista, componente della giunta, delegato ai lavori pubblici, tale opportunità sarebbe vietata.
Quest’ultima interpretazione pare essere esclusa dall’attuale 3 comma dell’art. 78 del D.Leg. 267/2000 il quale espressamente prevede che “I componenti la giunta comunale… devono astenersi dall’esercitare attività professionale..”. L’obbligo di astensione, stando al senso letterale, è previsto per tutti i componenti la giunta comunale, in quanto tali indipendentemente dalla delega da essi esercitata. Diversamente la legge avrebbe fatto espressamente menzione all’assessore delegato e giammai ai componenti la giunta comunale.
In favore della tesi interpretativa secondo la quale la norma non si riferisce alla “competenza amministrativa” ma a quella “professionale” militano molti indizi. Primo tra tutti è che l’attuale sistema si fonda sulla rigida separazione tra la funzione politica e la funzione gestionale in forza della quale l’assessore delegato all’urbanistica e LL.PP., non ha competenze specifiche proprie, in quanto ogni altra competenze diversa da quella spettante alla Giunta – come organo collegiale- rientra nella competenza del singolo dirigente del settore. Solo la Giunta Comunale ha, infatti, specifiche competenze proprie in materia di edilizia, urbanistica e lavori pubblici quale organo propulsivo nei confronti del Consiglio Comunale.
La giunta, infatti, esercita funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definisce gli obiettivi di programma e compie tutti gli atti di amministrazione. Approva i progetti, i piani i programmi preliminari da includere nell’elenco annuale dei lavori pubblici da sottoporre all’approvazione del Consiglio. Approva i progetti esecutivi di OO.PP. inserite nel programma triennale, nonché i progetti definitivi ed esecutivi, eventuali varianti in corso d’opera. Approva le risultanze di gare ed aggiudica definitivamente gli appalti. Nomina il collaudatore in corso d’opera ed approva i certificati di collaudo e di regolare esecuzione ecc.
In materia nessuna competenza residuale spetta all’assessore delegato. Orbene è di macroscopica evidenza che la presenza in giunta di un ingegnere, anche quale Sindaco o vice Sindaco, e quindi con ampio e generale competenza in materia urbanistica e di edilizia, viola la norma in parola che ha come obiettivo l’imparzialità dell’azione amministrativa in un quadro di attenzione alle concrete condizioni di operatività dell’Ente locale minore rivolgendosi a coloro che svolgono in proprio un’attività libero professionale nello stesso delicato settore nel quale come pubblici amministratori sono chiamati a tutelare interessi primari della collettività locale.
In particolare, destinatario della norma è il libero professionista componente la Giunta che nel campo edilizio, infrastrutturale urbano e territoriale, e dell’urbanistica fornisce prestazioni di carattere prevalentemente intellettuale essendo in possesso degli specifici requisiti di formazione culturale e tecnica quali titolo di studio, iscrizione al relativo albo e ordine professionale.
La presenza in Giunta del Libero professionista anche quale Vice Sindaco – che per legge può esercitare, in luogo del Sindaco e dell’eventuale assessore delegato al ramo, ogni attività e competenza in materia di urbanistica, LL.PP. ed edilizia – e quindi quale componente della Giunta Comunale che ha competenza sullo stesso territorio nel quale esercita la libera attività professionale è censurata dalla norma come conflitto d’interesse tra attività pubblica e privata che sostanzia grave violazione di legge in quanto compromette la fede pubblica poiché il comportamento degli amministratori non solo deve essere ma anche apparire improntato ai criteri dell’imparzialità e buon andamento amministrativo con esclusione di ogni possibile fraintendimento d’indebita commistione tra l’esercizio della pubblica funzione e l’interesse professionale e quindi personale.
Può pertanto affermarsi che l’interesse pubblico cui sono collegati i principi di imparzialità e di buona amministrazione nel comportamento degli amministratori, trova tutela sia con la previsione della incompatibilità sia con altri istituti quali l’astensione e la tutela penalistica che rappresentano un modo normale di definizione di ipotesi di conflitto d’interesse degli amministratori pubblici.
La norma in esame nella prima parte pone, quindi, l’obbligo di astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di parenti o affini sino al quarto grado fatti salvi i provvedimenti normativi o di carattere generale. Nella seconda parte
sancisce il dovere di astensione per i componenti la Giunta comunale di esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
La stessa quindi non ponendo chiaramente una sanzione e non enunciando espressamente ipotesi di incompatibilità o di ineleggibilità non da luogo “ipso iure ” a una causa di incompatibilità , neanche però può ritenersi che con la stessa si sia inteso solo disciplinare l’attività professionale privata dei titolari dell’ufficio pubblico nell’ambito del territorio da essi amministrato in settori potenzialmente conflittuali con l’ente territoriale, esaltando così la responsabilità “politica” dell’amministratore, sindaco ed assessore nei confronti dell’organo di appartenenza, sia della giunta, del consiglio che della collettività.
Vero è che per il libero professionista la norma non sancisce pure e semplicemente l’incompatibilità né il dovere di non esercitare l’attività professionale sul territorio amministrato, ma altrettanto vero è che essa introduce l’obbligo di optare tra esercizio della libera professione e carica pubblica.
Presupponendo, implicitamente, la prima attività incompatibile con la seconda e quindi introducendo di fatto, nel nostro ordinamento, anche se in via indiretta un’altra incompatibilità da aggiungere a quelle espressamente elencate. Consegue la decadenza in caso in cui scelta la prima si eserciti anche la seconda nel territorio amministrato. Se non fosse tale la ratio della norma la stessa sarebbe stata inutiliter data.
L’obbligo di astensione, come tale è già conosciuto dal nostro ordinamento è trova fondamento nell’art.97 della Costituzione. Quest’ultimo sancendo l’imparzialità della Pubblica amministrazione rende applicabile il principio generale del procedimento amministrativo in base al quale ogni soggetto direttamente o indirettamente interessato al provvedimento da adottare deve necessariamente astenersi dal partecipare o dall’assistere alla formazione dello stesso, e ciò perché la relazione che lega l’agente all’oggetto dell’atto da emanare crea una particolare situazione di conflitto tale da ripercuotersi sulla corretta ed imparziale attività del determinarsi. La norma in esame quindi lungi dall’essere ritenuta priva di sanzione in quanto il legislatore all’uopo ha usato l’espressione “devono astenersi” deve essere interpretata nel senso che non può riconnettersi alla stessa altro significato che non sia quello della decadenza una volta che scelta l’alternativa sia stato violato l’obbligo di astensione.
In conclusione ben può ritenersi che il legislatore ha introdotto un dovere di optare tra carica pubblica e libera professione in capo ai componenti la Giunta comunale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio amministrato e competenti, ovvero delegati, in materia di edilizia, urbanistica e lavori pubblici, senza comminare l’espressa sanzione della decadenza ma ha anche previsto, che il soggetto inadempiente ne risponderà, normalmente, con la sanzione della decadenza ed anche, eventualmente, a titolo di responsabilità penale qualora si concretizzi, nella violazione dell’obbligo, gli elementi oggettivi e soggettivi più gravi del reato di abuso di ufficio”. (tratto dal testo “il conflitto di interesse degli amministratori locali” di Michele Gorga.
Tutto ciò è supportato dalla “Risoluzione 23 gennaio 2009, Class. n. 15900/TU/00/78, Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriale Art.78, comma 3, del D.Lgs n.267/2000”.

Premesso che non siamo amministrativisti e non ci ergiamo a tali, di conseguenza potremmo anche sbagliarci, riteniamo che dalla lettura di quanto sopra, nella seduta consiliare scorsa (sicuramente il tutto dovuto alla non conoscenza da parte di tutti i presenti del dettaglio della norma), si è indotto in primis il geom Petrocelli a commettere un errore in quanto nel dichiarare di dimettersi dall’incarico ricevuto e quindi, nel depositare istanza di rinuncia anche per iscritto, non si è fatto altro che ammettere che di fatto, lo stesso geometra eserciti la professione nel Comune di Palagiano. Ad onor del vero, va dato atto all’onestà dello stesso geometra che, la si evince dalle dichiarazioni fatte che non negano l’esercizio della professione. Per cui, stando alla norma, riteniamo che se la presenza dell’assessore in Consiglio, in quanto relatore del punto in questione, poteva inficiare l’atto, stante a quanto fatto fare dal consiglio e dal segretario facente funzione allo stesso assessore, non si è fatto altro che confermare i vizi che lo stesso atto conteneva infatti, per rimuovere l’incompatibilità venutasi a creare, l’unico atto plausibile e corretto sarebbe stato quello delle immediate dimissioni dello stesso da assessore. Per cui, stando alla ratio della legge, il sindaco, già a giugno, quando effettuava le nomine, non poteva individuare, quale assessore, il consigliere Petrocelli in quanto, in evidente stato di incompatibilità.
Chiediamo scusa se abbiamo commesso degli errori (e ce lo auguriamo fortemente) ma, previa documentazione, abbiamo ritenuto di dire la nostra. Siamo comunque convinti che, se ciò rispondesse a vero, sarebbe addebitabile solo ed esclusivamente ad una non conoscenza della norma.

________________________________gli indignati