Qualche osservazione sui giovanili ardori di Masaniello

Qualche osservazione sui giovanili ardori di Masaniello

23 Gennaio 2013 4 Di Life

Caro Masaniello, comprendo il tuo ardore giovanile che si tramuta in poco ponderata irruenza, ma adesso devi compiere tu lo sforzo di starmi a seguire nelle varie obiezioni che dovrò muovere riguardo alle diverse inesattezze storiche da te citate (certamente dovute alla tua giovane età) e alla pericolosa deriva totalitaria che è percepibile nel tuo pensiero. Non frustrarti, in politica come nella vita non si nasce “imparati” e bisogna seguire un lungo periodo di apprendistato prima di giungere a possedere un corpus coerente di idee.

Devi sapere che la democrazia è tutt’altra cosa dalla vicenda indorata di contorni romantici quali la tratteggiano i libri di scuola e i comici-politici (alla Benigni) o i politici-comici (scegli pure un nome a caso, tanto cambia nulla). Che la democrazia non fosse altro che una variante “allargata” del dispotismo l’avevano già intuito Platone e Aristotele, ma i due, difettando del dono dell’ironia che distingue un vero filosofo dai semplici venditori di idee, non raggiunsero mai le vette raggiunte da un certo Protagora; il quale, fottendosene dei moralismi ma tenendo in altissima considerazione la morale, disse chiaramente che non erano i valori ad essere perpetui, bensì la struttura logica ad essi sottesa, e senza la quale mettersi a parlare di valori equivale a scambiarsi opinioni al bar dello sport.

In altre parole, la democrazia è scontro tra interessi organizzati sin dalla notte dei tempi. Pretendere che essa possa rappresentare interessi condivisi dalla totalità degli individui è pia illusione che lasciamo volentieri coltivare a 1) quanti non hanno sufficiente spirito di osservazione, oppure 2) a coloro i quali, ritrovandosi fin troppa capacità osservativa e notando il deficit di cui soffrono i primi, sanno benissimo come fargliela bere la storia che in democrazia, “lo Stato siamo noi”.

Dunque, non deve costituire motivo di scandalo che Cifone (al pari di qualunque altro politico) abbia voluto “mostrare i muscoli” ai suoi elettori e a quelli altrui. Senza quella dimostrazione di forza, avrebbe mostrato ai suoi di non saperli garantire sufficientemente e lanciato un segnale che gli altri avrebbero inteso in questo modo: d’ora in avanti spetta a noi primeggiare.

Potrei adesso dilungarmi spiegando quanto sia rischiosa, per Cifone stesso, la sfida che ha inteso lanciare, ma preferisco correggere l’errore di prospettiva storica che introduci quando attribuisci a Tangentopoli e a Berlusconi il processo di decadimento che avrebbe coinvolto i partiti. Quel processo, purtroppo, era nato molto tempo prima; altrimenti non si spiegherebbero il conio del termine “partitocrazia”, risalente addirittura al 1949, e il timido tentativo fatto da Berlinguer, si era già alla fine degli anni ’70, di sollevare un lembo della cosiddetta “questione morale”.

Tanto la partitocrazia quanto la questione morale si prestano bene per smentire il luogo comune prevalente che vorrebbe la democrazia come asettica e neutra. Niente di tutto ciò, la democrazia, così come ogni altra forma di esercizio del potere politico, è settica (vale a dire, contaminata dai germi del potere) e sempre di parte (quale parte?, quella che in un determinato momento storico è più numerosa o sa far pesare meglio il consenso di cui gode).

Non bisogna neppure stigmatizzare il numero disinvoltamente alto delle liste che si presentano ad ogni turno elettorale o la qualità (a tuo parere indegna) dei candidati che queste liste annoverano. In democrazia, se non sbaglio, l’ultima parola spetta agli elettori. Dunque, lasciamo pure che sia il corpo elettorale a decidere quali liste e quali candidati premiare. Non è possibile, come mi sembra di capire dal tenore del tuo intervento, prima confidare nella maturità degli elettori, affidando nelle loro mani uno strumento tanto delicato qual è la democrazia, e poi considerarli alla stregua di minori o, peggio ancora, di minorati facilmente traviabili dal Berlusconi di turno. Delle due una, o gli elettori sono maggiorenni capaci di intendere e di volere, e dunque ben venga il loro verdetto inappellabile, oppure vanno considerati idioti che, non si capisce per quale motivo e da chi, sono stati gratificati di un oggetto, la democrazia, di cui non sanno cosa farsene ma al quale ricorrono giusto per non scontentare il loro benefattore.

Come vedi, allora, una democrazia “regolata” alla maniera intesa da te non è democrazia, e neppure dittatura. Alla dittatura quantomeno va riconosciuto il merito morale di non presentarsi sotto le vesti mendaci de “lo Stato siamo noi”. Ogni dittatura dice sì “lo Stato siete voi”, ma prontamente aggiunge: “però a rappresentarvi sarò solo io”. Perché?, perché la natura degli uomini è imperfetta, lo stesso giusto assunto dal quale parte il tuo discorso, ma, per via di una singolare circostanza, in ogni epoca è possibile imbattersi in una minoranza che si ritiene perfetta e considera immensamente fortunata la maggioranza di imperfetti alla quale la Storia, oppure Dio, hanno voluto portare in dono proprio loro, i perfetti. Coloro cioè che sanno vedere meglio degli altri e sanno decidere, ovviamente, per il bene di tutti.

Bisogna quindi riconoscere la difficoltà di essere perfetti. Anzi, per dirla come si deve, è praticamente impossibile essere perfetti, e dunque più che legittimo dubitare di chi si dice perfetto o sostiene di aver intravisto la perfezione. Eravamo partiti da Platone e, guarda il caso!, siamo tornati a Platone, il perfetto moralista.

Mimmo Forleo

P.S. Masianello, toglimi una curiosità. Per caso, sarebbe Bersani il “rivoluzionario” che “con la sua testardaggine ha cominciato a farlo è già si sono visti i primi frutti, sino a ieri mai nessun partito ha fatto pulizia come oggi”?

Sai perché te lo chiedo? Perché si tratta dello stesso personaggio che ha confessato di aver “ammazzato il porcellum con le parlamentarie”, dimenticando però di dire di aver ammazzato pure le parlamentarie, un attimo dopo, con le discrezionarie. Non vorrei, adesso che ha preso a gusto gli ammazzamenti, che la prossima vittima fosse la “rivoluzione” in cui sembri credere.