Che ne ? delle relazioni … in rete?

27 Ottobre 2005 Off Di Life
Le comunit? di identicit? stanno cedendo il passo a comunit? di occasione, che ci si attende si formino da s? intorno a eventi, idoli, paure o mode.
Non durano pi? a lungo delle emozioni che le tengono al centro dell'attenzione e stimlano il condensarsi di interessi – fluttuanti, ma non per questo meno intensi – che accomunano e fanno aderire alla causa.
Tutto questo avvicinarsi e allontanarsi rende possibile seguire simultaneamente l'anelito di libert? e la brama del sensodi appartenenza – e di mascherare, se non compensare pienamente, la fallacia di entrambi gli struggimenti.
Entrambi gli impulsi si fondono e mischiano nell'assorbente e consumante lavoro di ?networking? e di ?navigazione nella rete?.
L'ideale di ?connettivit?? fa fatica a comprendere la difficile, fastidiosa dialettica dei due elementi irriconciliabili.
Promette una navigazione sicura (o quanto meno non letale) tra gli scogli della solitudine e dell'impegno, tra il flagello dell'esclusione e la morsa d'acciaio di vincoli troppo stretti, tra un irreparabile distacco e un irrevocabile coinvolgimento.
Chattiamo e abbiamo degli amici con cui chattare.
Gli amici, come ogni ?chattomane? sa bene, vanno e vengono, si connettono e si sconnettono – ma ce n'? sempre qualcuno in linea che smania dalla voglia di sommergere il silenzio coi suoi ?messaggi?.
Nel genere di relazione ?da amico ad amico?, non i messaggi in quanto tali, ma l'andirivieni dei messaggi, la circolazione di messaggi sono il messaggio, non importa il contenuto.
Il senso di appartenenza si esplicita nel costante flusso di parole e frasi incomplete (abbreviate, troncate per accelerare la circolazione).
Il senso di appartenenza sta nel parlare, non in ci? di cui si parla.
Non confondete l'odierna ossessione con le compulsive confessioni e ostentazioni di confidenze che tanto preoccupavano Sennett circa trent'anni fa.
Scopo del parlare e dell'inviare messaggi non ? pi? quello di sottoporre la parte recondita dell'animo all'esame e all'approvazione del partner.
Le parole pronunciate o digitate non tentano pi? di riferire il viaggio della scoperta spirituale.
Come Chris Moss ha affermato benissimo (sul ?Guardian Weekend?, attraverso il ?nostro chattare su internet, parlare al cellulare, e digitare 24 ore al giorno?, ?l'introspezione ? sostituita da una frenetica, frivola interazione che espone i nostri pi? intimi segreti insieme all'elenco della spesa?.
Permettetemi tuttavia di commentare che l'?interazione?, bench? frenetica, potrebbe non apparire cos? frivola una volta che si comprende e ricorda che il suo scopo – il suo unico scopo – ? mantenere attiva la chat.
I provider di accesso a Internet non sono preti che santificano l'inviolabilit? delle unioni.
Le unioni poggiano esclusivamente sul nostro chattare e digitare; l'unione dura soltanto fino a quando si continua a comporre un numero, a chattare e a inviare messaggi.
Smetti di parlare e sei fuori.
Il silenzio equivale all'esclusione. Il n'y a pas dehors du texte –non c'? nulla al di fuori del testo – sebbene non proprio nel senso inteso da Derrida”.

(Z. Bauman, Amore liquido, Bari 2003, 48-50)

Che ne dite?