Giovanni Battafarano presenta l’ultimo libro di Pinuccio Stea. Segue prefazione del prof.

Giovanni Battafarano presenta l’ultimo libro di Pinuccio Stea. Segue prefazione del prof.

5 Aprile 2012 0 Di Life

Presentazione

 

     Leggendo l’attenta e rigorosa ricostruzione compiuta da Pinuccio Stea del periodo 1971-1982 della nostra vicenda politico-amministrativa, ho avuto modo di riflettere su talune “costanti di fondo” che nella suddetta vicenda è possibile rintracciare.

     Il dodicennio al nostro esame coincide con l’Amministrazione di Franco Lorusso e con le Amministrazioni di Giuseppe Cannata; la prima di centro-sinistra, le seconde di sinistra. Forse è superfluo aggiungere che il termine centro-sinistra ha mutato significato nell’ultimo quindicennio: allora il centro-sinistra era alternativo al PCI, oggi il centro-sinistra è alternativo al centro-destra di PDL e Lega.

     Ho avuto modo di seguire da vicino le vicende di quel periodo, specie dal 1975, quando fui eletto in Consiglio comunale, l’anno dopo in Giunta fino al 1983, quando divenni Sindaco, in sostituzione di Cannata, eletto qualche settimana prima al Senato.

     Il dodicennio al nostro esame è stato un periodo di grande dinamismo nella vita della città, di vigorose lotte sociali, di importanti novità politiche. Erano gli anni del “raddoppio” dell’ Italsider, della gestione degli esuberi, del varo di una legge che fu chiamata “legge Taranto” proprio per affrontare quell’emergenza.

     Tornando alle “costanti di fondo” richiamate in precedenza, vorrei soffermarmi su due di esse.

     La prima è il rapporto tormentato con la grande industria, che negli anni Settanta si chiamava ancora Italsider e faceva parte delle cosiddette Partecipazioni statali.

     La ricostruzione di Stea documenta che nei primi anni Settanta l’Italsider di Taranto era oggetto di vivo interesse da parte di capi di stato, uomini di governo, imprenditori, manager di varie parti del mondo, i quali venivano in visita del più grande stabilimento siderurgico d’Europa, che dava lavoro ad oltre trentamila addetti. Taranto sembrava allora un modello vincente di industrializzazione dall’alto.

     Tuttavia, man mano che passavano gli anni emergevano sempre più problemi come la tragica sequenza degli infortuni sul lavoro, spesso mortali; la crescita dell’ inquinamento marino e aereo; i bilanci aziendali in rosso, con il ritardo nel pagamento di salari e stipendi. 

      Da un lato l’Italsider assicurava reddito e occupazione, da un altro lato procurava infortuni sul lavoro e inquinamento. Cominciava a diffondersi il disincanto e la città sovente si ritrovava divisa tra chi guardava più alle ragioni del lavoro e chi guardava più alle ragioni della salute e dell’ ambiente.

      Da allora passi in avanti sono stati compiuti, ma il rapporto con la grande industria rimane tormentato, ancor più di prima.

      La seconda “costante di fondo” è la difficoltà della politica. Voglio premettere che la prima Giunta Cannata (1976-1980) e, in parte, anche la seconda (1980-1983) hanno rappresentato un periodo di grande laboriosità ed efficienza amministrativa. L’imponente patrimonio di realizzazioni dell’epoca non è mai stato eguagliato nè prima nè dopo al Comune di Taranto: riordino dei conti pubblici, case popolari, scuole di ogni ordine e grado, mercati rionali, impianti sportivi, consultori familiari, asili nido, centro anti droga, servizi per gli anziani, rilancio delle aziende municipalizzate.

     Anche durante l’Amministrazione Lorusso non mancarono realizzazioni importanti come l’ avvio del Risanamento della città vecchia, l’approvazione della Variante Generale del Piano Regolatore e il varo dei Consigli di quartiere. 

     Tuttavia, quando parlo della “difficoltà” della politica, mi riferisco al fatto che essa era -come dire- provvisoria. C’era allora una parola magica, che Stea cita più volte , “verifica”.

     Come il meccanico, quando necessario, sottopone a verifica la macchina (l’automobile); così nella vita politico-amministrativa dell’epoca, un partito contraente l’alleanza (di solito un partner piccolo o medio) decideva di aprire una verifica per controllare se la macchina (amministrativa) funzionava bene. Talvolta, la verifica veniva aperta in nome della “pari dignità” violata. Pari dignità significava che i partiti contraenti l’alleanza, indipendentemente dalle dimensioni elettorali, avevano gli stessi diritti.

      La verifica era un vero e proprio rito, con le sue procedure, i suoi officianti (i segretari di partito), i suoi tempi (di solito vari mesi). Ad un certo punto, la verifica si chiudeva per sfinimento degli officianti; di solito senza cambiar niente, ma promettendo di voler cambiare molto; in attesa della verifica successiva.

      Dovevano passare altri dieci anni prima che, per una serie di ragioni (caduta del Muro di Berlino, tramonto dei vecchi partiti, elezione diretta del Sindaco), si potesse affermare la democrazia dell’alternanza.

      Alla luce di questi limiti della politica dell’epoca, appare ancor più significativo il bagaglio di realizzazioni delle Giunte di sinistra, che dovevano misurarsi con un’opposizione democristiana agguerrita e ben guidata. Aggiungo che in tutti i gruppi consiliari operavano personalità preparate ed esperte.

      Se all’epoca furoreggiava il rito della verifica, nel ventennio successivo la “difficoltà” della politica si è manifestata attraverso vari scioglimenti anticipati del Consiglio comunale, i conseguenti commissariamenti, sino all’onta del dissesto, con le sue drammatiche ricadute sulla vita del Comune e dei cittadini.

      Tornando alle vicende di quegli anni, va ricordato il ruolo forte del movimento sindacale, che non si limitava all’indispensabile difesa tutela del salario e dei diritti dei lavoratori, ma agiva come soggetto sociale che guardava alle esigenze di sviluppo strategico del territorio. Va ricordato che che in quegli anni l’unità e la convergenza tra CGIL CISL UIL erano molto forti e sembravano preludere all’unità organica. Poi le cose sono andate in modo diverso.

     Concludo. Leggendo il libro di Stea, ho avuto modo di rievocare personaggi che sono stati protagonisti di quella stagione politica e sociale. Tanti di essi non ci sono più, ma è giusto ricordarli perchè si sono battuti con passione e generosità per il bene comune, come è giusto ringraziare Pinuccio per la bella ricostruzione di quel periodo indimenticabile.

 

Giovanni BATTAFARANO

 

 

Prefazione

 

Questo libro, dopo altri quattro, completa la “passeggiata” dell’Autore nelle vicende politico-amministrative della città di Taranto dal secondo Dopoguerra a oggi, e in particolare focalizza la fase cruciale degli anni ’70 (per la precisione dal 1971 al 1982). Sono gli anni difficili segnati – per far riferimento soltanto a due macroscopiche problematiche locali – sia dal raddoppio dell’Italsider e dalla pressoché simultanea e più generale crisi siderurgica con la conseguente nascita della cosiddetta “Vertenza Taranto”, sia dal crollo di Vico Reale e dalla parallela esplosione del problema dell’edilizia abitativa con i correlati fenomeni delle requisizioni, delle più o meno temporanee occupazioni degli alberghi e, soprattutto, dell’impetuosa e, assai spesso, acefala espansione del tessuto urbano.

Anni difficili che Stea racconta con il suo stile asciutto e secondo un’impostazione metodologica collaudata, affidata al criterio annalistico declinato ulteriormente sull’asse della successione cronologica: in pratica, il racconto procede anno per anno, e all’interno del singolo anno è privilegiata la sequenza cronologica degli eventi quasi a sfogliare ordinatamente le pagine dei quotidiani locali dell’epoca, dai numeri più remoti a quelli più recenti. È una scelta narrativa che, mentre induce una certa disarticolazione del discorso che inevitabilmente trascorre da un argomento all’altro in relazione all’emergenza cronologica degli eventi, ha d’altronde il pregio di immettere e orientare il lettore nella temperie socio-politico-culturale di quegli anni e di porlo in condizione di intendere il “farsi” del destino della comunità cittadina nel suo concreto divenire.

In definitiva, la prospettiva di Stea (che di quegli eventi è stato testimone e, in qualche passaggio, anche protagonista, come nitidamente emerge da un paio di pagine di questo libro), piuttosto che propriamente interpretativa, è essenzialmente cronachistico-informativa, e traduce lo sforzo di enucleare dalla farragine degli avvenimenti le questioni salienti, afferenti ad alcune categorie che qui si ricordano per summa capita: la vita politico-amministrativa (con i variegati quadri del ceto dirigente municipale, il passaggio dalle giunte di centro-sinistra a quelle di sinistra, la frequenza e la vivacità di incontri e convegni, gli esiti delle varie tornate elettorali, le ricorrenti tensioni politiche dalle scissioni interne ai partiti fino alla contrapposizione violenta fra gruppi neofascisti e antifascisti), il complesso sviluppo economico-industriale (prima con il raddoppio e poi con la crisi del siderurgico, le numerose morti bianche, il devastante impatto ambientale, la sofferenza della cantieristica arsenaliera, l’assistenzialismo statale, le pressioni e le scelte non sempre disinteressate di ASI e di Camera di Commercio), la dinamica sociale (con il problema occupazionale e quello già citato dell’edilizia abitativa, il brusco incremento demografico, le perduranti sperequazioni dell’assetto sociale, gli inadeguati livelli igienici con il periodico riaffiorare delle solite malattie endemiche, le organizzazioni criminali), la crescita urbana (tra diffuso abusivismo, approvazione e varianti del P.R.G., piano di risanamento della città Vecchia), il dibattito culturale (l’antica aspirazione a un polo universitario, il mondo della scuola, l’inaugurazione e le attività del Circolo Italsider a Masseria Vaccarella, gli incontri e il confronto con personaggi di spicco nazionale e internazionale periodicamente presenti in riva ai due mari).

Questo quadro è poi contestualizzato nelle coeve vicende nazionali (connotate prioritariamente dalle ripetute stragi terroristiche e dalla complessiva tenuta delle istituzioni democratiche, e anche da momenti di straordinaria solidarietà come in occasione dei terremoti in Friuli e in Irpinia) e internazionali (dall’uccisione di Salvatore Allende alla repressione russa in Polonia), là dove il raccordo non è meramente cronologico, ma si sostanzia di riferimenti alla partecipazione della città in termini di iniziative, discussioni e approfondimenti legati agli eventi volta a volta emergenti.

In verità, nella Premessa l’Autore non tralascia di riassumere il senso complessivo del periodo in esame e di accennare ad alcune possibili chiavi interpretative, ma poi di fatto lascia al lettore la libertà di formarsi la propria opinione su quella fase della storia cittadina, segnata da uno sviluppo tumultuoso e incoerente, e del resto fecondo di conseguenze di lunga durata che in parte continuano a leggersi nel presente: l’inquinamento ambientale e i suoi molteplici deleteri effetti (a cominciare da quelli per la attività collegate alla pesca), la cristallizzazione del mondo produttivo intorno a megaimpianti industriali eterodiretti, la sorprendente longevità politica di tanti amministratori capaci di sopravvivere a mutamenti anche radicali, le sacche di arretratezza, di clientelismo e di corruzione ancora vitali, sebbene nemmeno in quegli anni, come appunto questo libro ci ricorda, sia mancata l’azione prudente e lucida, competente e onesta di non pochi amministratori e di tanti cittadini.

 

 

Giovangualberto Carducci      Presidente della Sezione tarantina        della Società di Storia Patria per la Puglia