Tra i falsi e furbetti, chi ci rimette?

14 Giugno 2010 0 Di Life

Dando seguito alle tante sollecitazioni rivoltemi, e avendo costatato di persona situazioni di illegalità, ho ritenuto doveroso prendere carta e penna e scrivere a Sua Eccellenza il Prefetto rappresentando quello che a mio modestissimo parere costituisce un vezzo sociale
Il punto in questione attiene al cosiddetto “contrassegno invalidi” o “contrassegno arancione” (art. 381 del DPR 16 dicembre 1992 n. 495 e successive modificazioni) che permette ai veicoli a servizio delle persone disabili la circolazione in zone a traffico limitato e il parcheggio negli spazi appositi riservati. di cui andare per niente fieri.

Questo stesso diritto è stato, in seguito, esteso anche ai non vedenti (DPR 503/1996 art. 12 comma 3). I passaggi per l’ottenimento del diritto e il suo mantenimento, così come i requisiti e le figure istituzionali, cui è affidato il compito della certificazione e la concessione del beneficio, sono palesemente indicati nel citato Decreto e code normative.

Ora, in barba al codificato, si registra un diffuso e radicato fenomeno di malcostume sociale, nonché irriverente atteggiamento di opportunismo insolente, che riguarda l’utilizzo improprio del contrassegno in parola da parte di chi non gode dei requisiti previsti dalla norma vigente a scapito di quanti realmente vivono obiettive disabilità ai quali è garantito per legge l’autonoma o assistita mobilità.

Così avviene, nei grandi e piccoli centri della nostra provincia, che in tanti esibiscono disinvoltamente detto contrassegno posteggiando l’autovettura negli appositi stalli destinati ai disabili in assenza a bordo del titolare del contrassegno; oppure che se ne fa uso oltre il “periodo determinato” consentito dalla legge per quelle patologie non permanenti.

Per non parlare poi di taluni cittadini che con estrema inosservanza della legge espongono il contrassegno appartenuto a un congiunto deceduto da diversi anni.
Dinanzi a quanto evidenziato non è possibile tacere e rimanere inerti: il dovere civico e la coscienza morale spingono a rimuovere tale aberrazione con un’azione di contrasto da parte degli organi competenti. Per di più tutto ciò lede pesantemente la dignità delle persone realmente impedite, perché contrae di molto la fruizione di un legittimo diritto sancito dai pronunciamenti giurisprudenziali.

A questo si aggiunga altresì che il limitato o mancato esercizio dello stesso comporta severe ripercussioni sull’equilibrio psico-sociale del soggetto più fragile. Ho inteso pertanto rivolgermi al Prefetto di Taranto, in virtù del ruolo istituzionale ricoperto e dell’autorità che da esso ne discende, di intervenire sugli organi periferici responsabili e deputati al rilascio del contrassegno, sollecitando gli stessi ad avviare una capillare verifica dello status di coloro che, a oggi, beneficiano del diritto, al fine di rispettare e fare rispettare compiutamente la legge.

Di certo, in questo modo, si eviterebbero quelle palesi e deplorevoli cadute di civiltà con cui i portatori di handicap si trovano a confrontarsi quotidianamente.
Ovviamente mi riferisco a quelli veri e certificati, e non certo ai sedicenti tali.

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Carmine Montemurro

Consigliere Provinciale