Un bilancio sui giovani, a un anno e mezzo dalle Comunali

3 Ottobre 2010 0 Di Life

In questi ultimi giorni non riesco a non pensare a un commento apparso in calce al mio articolo “Il realismo che manca alla sinistra”.
L’autore del commento, AniPoli73 – come spesso accade nei nickname che si compongono di due parti, l’alfabetica e la numerica – indica precisamente la sua età e la generazione alla quale appartiene: ha meno di quarant’anni e la sua generazione, secondo i nostrani standard gerontocratici, se tutto va bene sarà considerata “pronta” ad assumere una qualsiasi responsabilità di governo tra non meno di vent’anni.

Gli episodi che mi spingono – quasi mi costringono – a riflettere sono tanti. Per restare nella nostra Palagiano, molta materia di riflessione è fornita dal fatto che due miei coetanei (io sono un quarantacinquenne e non mi considero un “anziano” della politica) definiscano “ragazzi” un ventiquattrenne al quale dovremmo perdonare ognuno dei frequenti colpi di testa di cui si rende spesso protagonista – data la sua “tenera età”, ci viene suggerito – e degli ultra-trentenni che, finora, si sono distinti solo nell’arte di copia-incollare articoli.

Se ci si astrae da Palagiano, però, gli episodi che mi inducono a riflettere hanno tutt’altra natura: in Svezia, Fredrik Reinfeldt, un altro mio coetaneo, è stato appena riconfermato nel ruolo di primo ministro. La ragione della sua riconferma sta tutta nel fatto che la Svezia, unico caso tra i paesi europei, ha visto crescere il suo Pil con indici cinesi, nonostante la crisi globale, grazie a un taglio avviato nel 2008 della tassazione pari al 2 per cento del Pil; in Italia, risulta che le poche aziende alle quali è riuscito di uscire relativamente indenni dalla stessa crisi hanno i consigli d’amministrazione composti da quarantenni.

Si dirà: Ma Palagiano è un caso a sé, perfino in Italia. Sarà forse vera questa constatazione, ma occorre far rilevare che anche Palagiano ha le sue eccezioni.

Faccio subito due nomi, onde evitare che vi lambicchiate a vuoto: Donatello Borracci e Donato Piccoli. Sono entrambi poco più che trentenni e, li si condivida o meno, hanno dimostrato che anche alla loro età ci si può distinguere politicamente; senza colpi di testa e facendo a meno di adeguarsi passivamente a ciò che pensano gli “adulti”.

Ad entrambi va dato atto di aver saputo prendere posizioni anche scomode politicamente e niente affatto condivise nei loro rispettivi partiti di appartenenza.

Donatello Borracci ha saputo pretendere di essere lui il candidato del PDL alle ultime Provinciali, infischiandosene del parere contrario espresso da buona parte dell’establishment palagianese e non del suo partito; ha intrapreso un discorso di chiarificazione intorno alla vicenda riguardante la famigerata TIA, nonostante l’attuale governo risulti fortemente invischiato, e non proprio positivamente, nella questione.

Di Donato Piccoli i lettori di Palagiano.net sanno già tutto: ai tempi in cui militava nell’Arca ebbe l’onestà intellettuale di riconoscere che, sulla questione relativa all’altrettanto famigerato “disaccoppiamento” degli aiuti comunitari, erano altri ad avere ragione; passato nel PD, non ha mai mostrato timore nel dire che la politica economica del partito appare priva di senso e legata a schematismi superati, se non antiquati; ha dimostrato di saper essere coerentemente “infedele” alla linea, quando è la linea ad apparire incoerente e frutto dell’approssimazione gestionale.

Tornando al commento di AniPoli73, mi dico chiaramente d’accordo col suo appello a premiare “le persone che valgono…cominciando dalla nostra comunità, dai giovani brillanti e pieni di idee e voglia di fare…”, ma a quei giovani occorre poter attribuire un volto.

È solo dai giovani che può venire la sterzata necessaria a un paese che si ritrova un presidente del Consiglio quasi ottantenne e un Coordinamento nazionale del principale partito antagonista la cui età media sfiora i sessant’anni. Ma i giovani devono farsi avanti, non possono pretendere di starsene con le mani in mano aspettando di essere “chiamati”.

Mimmo Forleo