Europa, cambiano gli orari di lavoro – 65 ore a settimana senza straordinari

12 Maggio 2005 Off Di Life
 E' il massimo del ricatto possibile che un imprenditore pu? esercitare verso i suoi dipendenti.T
ra il 9 e il 12 maggio il testo andr? in discussione per la prima lettura al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria a Bruxelles.
I centristi, socialisti compresi, parlano di risultato soddisfacente. La destra, per?, spinta soprattutto dagli inglesi, ? pronta a peggiorare il testo uscito dal lungo confronto in commissione Lavoro.
La realt? ? che questa nuova edizione della direttiva sull'orario di lavoro rischia di essere il classico provvedimento-grimaldello che una volta “contaminate” le legislazioni nazionali finir? per farle “impallidire” aprendo il varco alla deregulation degli orari e alla flessibilit?.
La cartina di tornasole ? proprio la “trasfigurazione” dei cosiddetti motivi ispiratori. Nata come forma di “tutela” della salute del lavoratore e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la direttiva del 2003 sta diventando un “ectoplasma” in grado di provocare esattamente il contrario.
Il punto pi? alto di questo attacco ai diritti minimi di “produzione e riproduzione” ? il passaggio nel testo sulle sessantacinque ore settimanali come limite massimo della prestazione individuale e quello sulla base di calcolo per le punte massime di prestazione lavorativa, che non sar? pi? di quattro mesi, come proposto precendentemente, ma di dodici mesi.
A questo va ad aggiungersi che l'eventuale risposo compensativo, stando alle ultime notizie che filtrano con molta difficolt? da Bruxelles, pu? essere fruito entro un limite di tempo indeterminato. Il testo recita soltanto “following”, in seguito.
A costringere la Commissione europea a rivedere la precedente direttiva ? stata una serie di sentenze della Corte di Giustizia dell'Europa che imponevano di riconoscere come tempo di lavoro l'intero periodo del servizio di guardia dei medici e del personale paramedico indipendentemente se venissero o meno erogate prestazioni mediche.
La Commissione europea pur di salvaguardare gli imprenditori, che in questo modo avrebbero visto lievitare il costo del lavoro, ha cominciato ad elaborare un testo fatto di piccole modifiche e maggiori vincoli, di percorsi tortuosi e deroghe varie sulla base della peggiore legislazione nazionale presente sul “mercato”, come appunto il caso dell'opting-out.
L'opting out, ovvero la contrattazione individuale, in molti paesi, come il nostro, non ha un valore legislativo. E cos? la Commissione ha tentato di far rientrare dalla finestra quella contrattazione collettiva fatta uscire dalla porta.
Risultato, pur subordinandone la normativa sull'orario questa viene qualificata come necessaria ma non sufficiente. L'elemento di sufficienza ? appunto l'adesione individuale.I sindacati italiani, Cgil Cisl e Uil, sono contrari a molti punti previsti dalla riforma della direttiva del 2003.
E stanno cercando di elaborare una posizione comune. Ovviamente, i punti pi? controversi sono proprio quelli che riguardano il superamento della contrattazione collettiva e lo spazio attribuito alla contrattazione individuale. Le pressioni vanno soprattutto in direzione della Ces affinch? elabori una iniziativa efficace che contrasti il percorso del provvedimento.
Per Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, il testo che sta andando in discussione al Parlamento europeo ?nasce dal fatto che non ? stato possibile un accordo tra le parti sociali?. ?Quello formalizzato ? un testo segnato da una scelta di carattere neoliberista?.
Il riferimento di Rinaldini ? proprio al ?quadro degli accordi individuali?, ?che arrivano fino alla possibilit? – prosegue – di orari di oltre 60 ore. Ci? favorisce l'ipotesi di superamento dell'orario settimanale annullando di fatto il ruolo della contrattazione nazionale?.
Sull'orario di lavoro e sulla direttiva Bolkenstein, la Fiom nei giorni scorsi si ? incontrata con la Ig Metall. ?Il giudizio alla fine – racconta Rinaldini – ? stato assolutamente negativo?.
?L'iniziativa del sindacato europeo ? stata giudicata insufficiente?, conclude Rinaldini. Il professor Luciano Gallino invita i tecnocrati europei a considerare che in questi anni c'? stato comunque un aumento di produttivit? che hanno provocato favolosi incrementi dei profitti.
?E quindi questo ulteriore via libera all'aumento dell'orario di lavoro – aggiunge – non far? che favorire ancora di pi? questa tendenza?.
?Ci? di cui andrebbe discusso – continua – non ? quindi di giornata lavorativa ma di produttivit?, attraverso gli investimenti, e di redistribuzione dei redditi? anche perch? ?le retribuzioni continuano a diminuire rispetto al reddito nazionale?.
Si sta creando, quindi, nell'economia europea una situazione paradossale: aumentano gli orari di lavoro e quindi diminuisce il tempo dedicato allo svago, e quindi anche ai consumi.
Senza contare che attraverso l'allungamento della giornata lavorativa, fa notare sempre Gallino, le imprese di fatto distruggono le risorse umane in quanto ne fanno un uso pi? intensivo.?
Si punta meno sul lavoro professionale e sull'investimento in cultura organizzativa e di pi? sullo sfruttamento materiale?.
In uno schema come questo, conclude Gallino, lo stato sociale generalmente inteso, e alcuni “punti di riferimento” come sanit? e pensioni vengono considerati un costo ?e non pi? un fattore della produzione?.
In questo quadro, il ruolo dell'Europa, ?in cui prevale il pensiero neoliberale? sta diventando quello di una ?prassi sovranazionale? in cui la competitivit? ?dalle imprese passa direttamente alla veste politica.

Fonte: [url]http://www.liberazione.it[/url]