il Maestro Gravina e l’Ultima Campanella

5 Novembre 2006 Off Di Life

Mi hai tante volte -ma sempre bonariamente-
rimproverato per il mio modo di vestirmi:
dicevi che non sembravo proprio un Prete;
dicevo che sembravo “nu varr?t'l'…”
…quante volte mi hai detto -nel Cuore dell'Inverno-
“…ca mittatill' nu per' d' scarp'…!”
ma poi mi sorridevi,
sapendo che non l'avresti spuntata.

Ogni Sera,
quando me ne torno a Casa,
ripasso davanti a Casa tua:
? rimasto ancora sotto la veranda il tavolino con la sedia dove,
fino a quando la tua Malattia te lo ha permesso,
ti ho visto seduto circondato ancora dai tuoi Libri e dai tuoi Fogli…
…mi avevi chiesto, ultimamente -prima del tuo ricovero-
che ti scrivessi qualcosa sugli Evangelisti (il loro Paese di nascita, il loro Mestiere prima dell'Incontro con Ges?…)
questo ultimo Compito,
caro Maestro,
non te l'ho consegnato…
ma sento che ora non ne hai pi? bisogno:
nel Cielo
ora stai vedendo finalmente con i tuoi Occhi
il Volto degli Angeli e dei Santi:
stai finalmente contemplando il “tuo” e il nostro San Rocco!

Caro Maestro,
una Settimana fa,
? suonata per te la Campanella del tuo Ultimo Giorno di Scuola:
e -come abbiamo fatto tutti noi-
ti sei precipitato per le Scale di questo Mondo,
per entrare nella Luce che non avr? mai Tramonto.
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Il Signore Ges?
-l'Unico ed Eterno Maestro-
ti ha dato il Compito pi? difficile,
perch? conosceva il tuo Cuore:
ti ha dato di Coniugare il Verbo “Soffrire” in tutti i Tempi,
e in tutti i Tempi della sua “Grammatica”,
tanto diversa dalla nostra:
e tu, caro Maestro,
hai raccolto nella tua Memoria,
tutte le Pagine di Storia e di Vangelo,
tutte le Poesie e tutte le Parabole,
e hai completato il Compito che ti era stato assegnato.

Ora che per te ? cominciata le Festa che non avr? mai termine
-quella Festa che tua hai preparato
nel grande “Sabato del Villaggio” che ? stata la tua Vita-
continua a passare tra i nostri Banchi di Vita:
insegnaci ancora a Scrivere la Storia di Dio nella nostra Esistenza;
insegnaci a Leggere il Disegno di Dio tra le linee
tante volte storte e contorte dei nostri Giorni.

Grazie,
caro Maestro,
per tutto quello che sei stato e sei per me,
e per tutto il nostro Paese bellissimo e fragilissimo,
meraviglioso e debole:
ricco di tante Bellezze di Animo e di Vita,
e povero per tante miserie di Cuore e di Mente.

Stasera,
tornando a Casa,
guarder? nella tua veranda,
e tu -ancora una volta- mi correggerai,
e mi dirai: “Uagli?: stoc' qu? ssus'!”

E io guarder? il Cielo!

Ciao,
caro Maestro!

don Salvatore