Lettera inviata al Sindaco dall’ex assessore Rita Beretta

4 Ottobre 2008 Off Di Life






 

 Assessore Rita Beretta – Deleghe: promozione e sviluppo del territorio,




attività produttive, sagre, eventi e turismo

 

Sebbene l’oggetto della tua comunicazione (revoca incarico Ass. Beretta richiesto dal Cons. Catucci) non sia per me foriero di rosee aspettative, colgo l’occasione per esprimere alcune considerazioni che investono sia il piano politico che quello Amministrativo.

Abbiamo (personalmente ed all’unisono con il Partito Socialista che mi onoro di rappresentare in giunta) sostenuto con decisione, in occasione dell’approvazione del Bilancio di Previsione, la non procrastinabile necessità di porre mano al risanamento delle finanze, posizione condivisa con l’Amministrazione che definisci “scelta coraggiosa e responsabile”. Così come, in ossequio agli accordi di cui al Programma Elettorale ed in linea con i principi fondanti enunciati dal Partito Socialista, ancorché incalzati dall’esiguità delle risorse finanziarie si è convenuto di dare un taglio alle convenzioni per “avviare i primi concorsi pubblici nella storia di Palagiano” (come tu stesso scrivi).


Per non fare solo auto celebrazioni, ad un anno circa dall’inizio del mio mandato, mi sembra giusto esporre chiaramente le idee che ho maturato alla luce di questa mia esperienza di vita amministrativa. Esperienza per molti versi esaltante quando, per rimanere nell’ambito delle mie deleghe, mi sono trovata a fronteggiare legittime richieste di operatori che dimostrando intelligenza e lungimiranza hanno chiesto soltanto di essere aiutati, sempre nell’ambito delle facoltà dell’amministrazione, a realizzare i loro progetti. Quando ho ritenuto meritevoli le loro iniziative ho fatto tutto quello che era in mio potere per favorirli. Ti farò solo un esempio, per me significativo, di quanto dico: i fornelli a “Capovento. Non sto a raccontarti delle mille difficoltà per ottenere tutte le autorizzazioni ed i nulla osta … alla fine, dei tanti operatori che si dicevano interessati, lo ha realizzato soltanto uno! Per lui è stato un successo. Per altri versi per me anche! (devo ringraziarti per la fiducia che mi hai concessa) Intanto perché l’iniziativa ha trovato larghissimo consenso, anzi direi che non vi è stata critica alcuna (segno che la location è stata azzeccata), ma anche e soprattutto perché più di qualche abitante della zona ha espresso la soddisfazione di poter finalmente partecipare più da vicino alla festa del santo Patrono (si organizza sempre tutto solo in piazza). Mi hanno riferito addirittura di intere famiglie che hanno preso tavoli e sedie da casa e sono andati a sedersi sul piazzale … Questo per me è vero motivo di grande soddisfazione!

Idem per “Cibarte” … altra ottima location per questo tipo di iniziative … mai visto tante persone nella Villa comunale!

Ma non era di questo che dovevo dire.




Per esporre compiutamente il mio pensiero prenderò spunto da quello che mi scrivi:

“… siamo pronti a ricominciare una nuova e più serena avventura amministrativa attraverso una più concreta e fattiva programmazione di opere e servizi che miglioreranno notevolmente il nostro paese a tutto beneficio dei cittadini di Palagiano.” Ed ancora “… di averlo positivamente trasformato sia sotto l’aspetto culturale che economico.” Ed infine “… destineremo le risorse per il completamento del teatro comunale e del vecchio municipio, luoghi che saranno utilizzati dai nostri giovani e dalle istituzioni.”

Scusami se te lo dico ma il termine avventura amministrativa non lo condivido non trovandolo appropriato per chi di questa “avventura” sente tutto il peso delle responsabilità che ne derivano. Ma la concreta e fattiva programmazione di opere e servizi che hai in mente non dovrebbe essere seriamente e responsabilmente discussa per stabilire insieme con tutta la maggioranza e le forze politiche che la compongono le priorità e le necessità alle quali fare fronte? Il vecchio municipio, ad esempio, a cosa dovrebbe essere adibito? Ed il progetto di ristrutturazione non deve necessariamente tenere conto dell’uso finale al quale deve essere destinato? E chi e come si decide la nuova destinazione?

Quando, anche in forza della delega che mi compete, sono perfettamente cosciente che il paese soffre una grave crisi economica per le condizioni in cui vessa l’agricoltura, il commercio e l’artigianato, mentre, d’altro canto, non decollano industria e turismo, penso sia indispensabile che anche l’amministrazione si ponga seriamente il problema per valutare fino in fondo quali strategie si possono adottare, per quanto ovviamente in suo potere, per offrire un se pur minimo contributo all’avvio a soluzione del problema. Tu scrivi di volere positivamente trasformarlo sia sotto l’aspetto culturale che economico, ma di come farlo non abbiamo mai parlato, forse per via delle ristrettezze del bilancio. Tralascerò l’aspetto culturale, troppo ampio da trattare in questa sede e che comunque (anche se per la verità solo in parte) esula dalla mia delega, per soffermarmi sull’aspetto economico.

Certamente non ho adeguata esperienza per affrontare problemi economici ai massimi livelli, ma l’esperienza maturata in questo anno e la mia personale esperienza come donna prima e come donna che lavora dopo, mi impongono di esprimere questi semplici concetti che rappresentano il mio modesto punto di vista critico sulla base del quale si potrebbe imperniare una discussione costruttiva in seno alla maggioranza per affrontare le questioni in un’ottica diversa e che, se vorrai, potrai tenere in considerazione.

Molte volte in amministrazione si ritiene di poter risolvere i problemi dei quali ci occupiamo, concependo progetti grandiosi: Zone industriali, artigianali, turistiche, distripac, area vasta, partenariato, ecc. Certo tutte cose non solo utili, ma necessarie. Si, ma a lungo (o lunghissimo) termine. Nel frattempo perché non guardare a quello che abbiamo per cercare di valorizzalo?

Ci ho pensato molto e sono arrivata alle seguenti considerazioni che ritengo possano offrire un presupposto per l’elaborazione di linee di intervento nel breve e medio termine.


Agricoltura – Settore primario per Palagiano in quanto comunità agricola. I prodotti della nostra terra sono indubbiamente di ottima qualità, tanto è vero che il clementine ha ricevuto il prestigioso marchio IGP. Ma questo, da solo, non basta per fare del nostro clementine un “prodotto agricolo”.

Per spigarmi farò un esempio. Poniamo che un produttore il cui vigneto sia in territorio Doc produca il miglior vino della zona, ma non lo imbottiglia con una sua etichetta, lo vende sfuso. Tutti i potenziali acquirenti lo giudicano eccezionalmente buono. Ma dove possono rifornirsene se è impossibile trovarlo e riconoscerlo sul mercato? Quel vino, per diventare “prodotto”, ha bisogno di essere connotato con una etichetta. Ed ha tutte le carte in regola per farlo: è Doc.

L’analogia con il nostro clementine è fin troppo facile: la quantità di clementini prodotti nel territorio di Palagiano, ma direi nell’intero territorio che ha ottenuto l’IGP, è tale da assicurarne la presenza nei maggiori e più qualificati mercati di tutta Italia. Ma quanti consumatori sanno di aver gustato (sicuramente trovandolo eccellente) il clementine di Palagiano? E ammesso pure che qualcuno lo conosca (per iniziative di promozione tipo “sagre del mandarino”, “mela verde”, “partecipazione al salone del gusto”, “uno mattina”, articoli su stampa, ecc…) dove mai potrà rifornirsene? Come farà a riconoscerlo tra i tanti anche di produzione estera?

Ecco quindi la necessità di utilizzare il marchio IGP che connota perfettamente il “prodotto” non solo dal punto di vista della “tracciabilità”, ma che è anche garanzia per il consumatore per il controllo dei residui tossici (impone un “disciplinare” di produzione).

Quanti produttori aderiscono al Cat (Consorzio agrumicoltori tarantini che ha ottenuto l’Igp per il “Clementine del Golfo di Taranto”)? Pochissimi!

Quanti produttori commercializzano con il marchio Igp? Solo uno: cooperativa Ortaj.

Lo so bene perché in occasione della presentazione del clementine di Palagiano ad “Uno mattina” ed in occasione della “Fiera dei Comuni”, Ortaj è stata la sola a poter fornire clementini Igp.

È incredibile, ma questa è la realtà. Eppure aderire al Cat comporta una spesa minima; così come assolutamente accessibile mi sembra la somma necessaria ad ottenere l’autorizzazione per la commercializzazione Igp (che passa per analisi del prodotto, controlli e certificazioni da parte di organismi autorizzati dal ministero).

Allora, innanzi tutto, deve essere intrapresa una seria azione di sensibilizzazione nei confronti dei produttori perché comprendano l’importanza di commercializzare il loro prodotto utilizzando il marchio Igp. Il Cat ha l’obbligo morale di diventare parte attiva ed intraprendere tutte le iniziative dovute per la promozione del marchio.

Ai produttori l’Amministrazione deve offrire tutto il sostegno possibile mediante una serie di azioni ed iniziative che possono subito essere messe in campo:

§ Attivare incontri con i produttori, con le figure professionali e con le associazioni di categoria cointeressate, al fine di spiegare le su esposte ragioni ed invitarli a considerare l’ipotesi di utilizzare l’IGP, nel loro interesse;

§ Coinvolgere il CAT per invitarlo a collaborare all’iniziativa, anche considerando di offrire l’iscrizione gratuita agli agricoltori che si impegnano a commercializzare i loro prodotti col marchio “Clementine del golfo di Taranto” (almeno per qualche anno);

§ Affrancare i produttori delle spese per i controlli dovuti per legge sui clementine commercializzati col marchio, facendosene carico il CAT e/o l’amministrazione Comunale (si potrebbe pensare ad una riduzione dell’Ici per chi commercializza l’Igp?) e/o Provinciale e/o Regionale e/o ognuno dei soggetti menzionati in quota parte.

§ Quando, mi auguro al più presto, sarà più diffuso l’Igp si potrà e dovrà incalzare la Regione Puglia che ha comunque già dimostrato una marcata sensibilità riguardo al problema ed ha messo in campo iniziative finalizzate alla promozione dei prodotti tipici pugliesi (ivi compresi il clementine) per favorirne la vendita presso le grandi catene di distribuzione.

Non mi dilungo oltre sull’argomento perché ho anche altro da dire e mi rendo conto che rischio di diventare prolissa, ma è ovvio che se il clementine (che è la punta di diamante del nostro territorio) trovasse degna collocazione e riconoscimento di mercato, potrebbe diventare il volano per la crescita parallela di una nuova classe di moderni imprenditori agricoli qualificati anche e soprattutto dal punto di vista commerciale. Così come potrebbe diventare il prodotto trainante di altre eccellenti produzioni quali uva, olive, olio, ortaggi, ecc. Si, dico ortaggi. In posti dove la coltivazione di ortaggi è quasi proibitiva per la carenza di acqua nascono piccolissime “industrie” di conservazione (generalmente gestite da cooperative di giovani) che riescono a conquistare nicchie di mercato pregevoli. Se penso alla fertile varietà produttiva del nostro territorio tutto questo mi sembra paradossale. Soprattutto quando mi rendo conto che l’arte della conservazione è, nella nostra cultura (passami il termine) e nelle nostre tradizioni, la più raffinata (per quante conserve acquistate io abbia potuto assaggiare)! E paradossalmente ho acquistato a Verona, in un negozietto di prodotti tipici, il “Clementello” (liquore tipo limoncello) prodotto dai frutti dei quattro alberi di clementini che riescono a crescere sul lago di Garda …

C’è di che pensare, ma soprattutto c’è molto da fare e da fare in fretta per la imminente pubblicazione dei bandi per i nuovi piani operativi (fondi strutturali), dai quali corriamo il serio rischio di essere tagliati fuori perché impreparati, per i tempi brevi che consentono, per la presentazione dei progetti.


Turismo – Quando si parla dell’argomento viene subito in mente il mare e la nostra magnifica costa con tanto di spiaggia e pineta. Viene in mente Chiatona, al quale indirizzo nella mente contorta di molti (peggio se amministratori) è stato riadattato il detto: “Chiatona delenda est”. Ma nella migliore delle ipotesi per Chiatona aleggia un diffuso sentimento di apatica rassegnazione. Una blanda, ma molto blanda speranza di “recupero” la si legge tra le righe del ex Pug, che non mi pare comunque abbia affrontato il problema di quello che Chiatona è o può rappresentare, limitandosi a disegnare quello che, secondo il progettista, Chiatona avrebbe dovuto essere (utopia di un progetto). Eppure Chiatona è esattamente quello che eravamo: una serie di case sul mare, per famiglie più o meno del posto che più o meno potevano permettersi un soggiorno al mare nella nostra lunga e calda stagione estiva. Oggi le case non si affittano più e quel poco di turismo (se così vogliamo chiamarlo) muore definitivamente.

Indubbiamente il turismo è cambiato, come sono cambiati i turisti che hanno tutt’altro genere di aspettative, solo che noi ancora non ne abbiamo preso coscienza. Le lotte di campanile non servono a niente (se non a cercare di portare a casa qualche spicciolo di contributo) come avremmo dovuto imparare anche dalle esperienze dei vari Gal. Il turista non vuole più soggiornare all’ombra di un campanile, ma vuole poter fruire, in un lasso di tempo abbastanza breve, del meglio che un intero territorio può offrire. Così si spiegano i vari opuscoli turistici e brochure che illustrano le “ricchezze” dei diversi paesi di uno stesso territorio. Scusami la franchezza, ma noi, al momento, non siamo in grado di offrire un bel niente di quanto il “turista” cerca. Allora penso a cosa vuole il “turista”, provo a capirlo cominciando a pensare a cosa cerco proprio io quando mi concedo un periodo di ferie, penso ai criteri che adotto per scegliere un posto anziché un altro.

Le bellezze naturali non ci mancano: durante le edizioni di “Orientiring” ho avuto pubbliche attestazioni da parte di persone che venivano da ogni parte d’Europa che la nostra pineta è di una bellezza che ha pochi pari nel mondo. Hanno apprezzato la nostra ospitalità ed i prodotti che abbiamo loro offerto, a cominciare dagli agrumi che hanno trovato insuperabili … Poi però hanno preferito non soggiornare a Palagiano o a Chiatona!

Allora qui non si tratta di rilanciare il turismo. Il problema è strutturale. Né si può semplicisticamente demandare il tutto al nuovo Pug, che dovrebbe inventare cosa, se concepito come il precedente? Turismo è l’arte dell’accoglienza (che noi possediamo naturalmente per cultura e tradizioni) strutturata in forme all’uopo organicamente organizzate. Il Pug potrà offrire migliori occasioni di localizzazione di attività turistiche, ma non creare per incanto una classe di imprenditori turistici (a meno di non voler svendere il territorio e la nostra identità culturale ad imprenditori esterni, il che non sarebbe un bene, né, in fondo, di grande giovamento).

Il compito di una amministrazione illuminata (non soltanto da Reinde) è quello di sforzarsi di valorizzare al meglio quello che esiste, quello che il paese offre. Se quello che abbiamo è brutto, non serve o non è adeguato alle nuove esigenze, si ha l’obbligo prima di tutto di valutare attentamente la possibilità di migliorarlo o riutilizzarlo o renderlo adeguatamente funzionale. Poi si dovrà vedere con che mezzi si possono raggiungere i risultati che ci si propone.

Allora, per entrare nel merito del problema, cosa manca a Chiatona per essere un ridente paesino turistico affacciato sul mare? Ovviamente, a parte il mare, tutto! Ma nello specifico: acqua potabile e fogna prioritariamente, una serie di negozietti per la vendita dei prodotti tipici e di tutte le cianfrusaglie e i souvenir dei quali il turista (e non solo) è sempre alla ricerca (su zone pedonali degne di questo nome), con tanto di bar, pizzerie e ristoranti che propongono le specialità enogastronomiche locali. Ed ancora una serie di manifestazioni ed “eventi”, preferibilmente di buona qualità, che offrano al visitatore un ulteriore motivo di soddisfatto intrattenimento. Ed ancora un attracco turistico (anche per recuperare il rapporto che Palagiano non ha con il mare nonostante la vicinanza ed i molti chilometri di costa) a partire dal quale organizzare giri in barca per la pesca sportiva, o semplicemente per ammirare le isole di San Pietro e di San Paolo, il mar Piccolo o la costa verso la Calabria. E passeggiate (o ciclo passeggiate) guidate in pineta, e chi più ne ha più ne metta …

Utopie? Non credo! Con spirito di ammirazione ho potuto osservare lo sforzo di alcuni giovani di avviare attività di intrattenimento a Chiatona … sono sostenuti da una buona dose di perseveranza, ma senza il necessario “humus” temo che i loro sforzi non daranno i buoni frutti che meriterebbero.

Credo che sia possibile dare una sterzata nella direzione che dico per la concomitanza di diversi fattori: le ferrovie sono disponibili a cedere le aree dimesse (la cui disponibilità sarebbe una manna dal cielo nell’ipotesi di progetto di recupero), i proprietari degli immobili cominciano ad essere consapevoli che Chiatona è agonizzante anche per il “turismo” sul quale contavano, sono prossimi gli allacciamenti per la fornitura di acqua potabile (spero presto anche la fogna), i giovani pian piano prendono coscienza che, permanendo questo stato di cose, perdono preziose opportunità, non solo di lavoro, ma anche semplicemente di svago.

Tutto deve pertanto convergere in un progetto di ampio respiro, che non trascuri la possibilità di attingere ad adeguati finanziamenti, ma che non sottovaluti neanche la possibilità di incentivare in qualche modo i cambi di destinazione d’uso a favore di attività commerciali, bar e ristoranti, pensioni, case vacanza, bed & breakfast ed attività turistiche in genere.

Turismo ed agricoltura (intesa come valorizzazione dei prodotti tipici) si possono coniugare facilmente, magari passando anche per il recupero delle nostre tante masserie!

A tutto questo bisogna mettere mano con tutto l’impegno ed i mezzi sui quali può contare una Amministrazione attenta e sensibile ai problemi del suo territorio.

Ma, come dicevo, tutto questo da solo non basterà per arrivare ad una proposta turistica con la “T” maiuscola in quanto questa deve essere poi integrata con l’offerta di beni culturali, ambientali e di attrazione che interessano una più ampia gamma di prodotti e proposte diversificate che non possono che investire un territorio più ampio.

Infatti proprio in questa direzione spinge la normativa sull’argomento a partire dall’art.5 della legge n.135/’01 e successiva normativa regionale che ne discende, allorquando definisce il “Sistema Turistico Locale”. Con alcuni compagni socialisti sensibili all’argomento abbiamo predisposto un progetto di massima nel quale, tra l’altro, troverai quasi tutte le idee per le iniziative su esposte (anche al fine di eventuali finanziamenti al privato). Questo progetto di massima per la formazione di un Sistema Turistico Locale sarà proposto a te ed all’intera maggioranza per esserne oggetto di più approfondita discussione, analisi e valutazione.

Comunque, che si vada nella direzione di una offerta turistica che sia la più ampia possibile lo ho constatato sulla mia pelle. Quando ho presentato alla Regione il progetto “Palagiano in Jazz” chiedendo un finanziamento di circa 50.000,00 euro, mi sono preoccupata che il progetto fosse di ottima qualità (compatibilmente con la mia esperienza e con l’esperienza nel campo dell’associazione “Luce e sale” che mi ha gentilmente supportata). Il jazz è buona musica che piace a tutti quando non affidato a dilettanti, ed esercita da solo una grande attrattiva per i molti appassionati che conta (vedi il successo dell’unica serata che sono riuscita a realizzare). Fatto sta che dopo tanti viaggi alla regione sorretta da incrollabile speranza e dopo mille telefonate, la responsabile, probabilmente stanca di essere assillata da me che non volevo rassegnarmi a quello che era ormai nei fatti (si era ormai a luglio abbondantemente inoltrato), mi ha detto:”Il finanziamento non le è stato concesso” e poi ha aggiunto in confidenza “il progetto è buono, ma non si può dare un finanziamento a Palagiano che non ha turismo”.

Da allora ho capito quanto valga anche per un’amministrazione comunale il detto “aiutati che Dio t’aiuta” e, per questo, quanto sia importante muoversi con intelligenza, competenza e spirito di abnegazione al fine di ottenere i risultati che ci prefiggiamo, nell’interesse esclusivo della nostra comunità.

Tutto quanto fin qui esposto non sono improvvide riflessioni, ma il semplice quanto personale tentativo di onorare gli impegni elettorali assunti con il Programma che, a proposito delle deleghe che mi competono, per memoria, riporto in stralcio: “La nostra amministrazione rafforzerà il proprio ruolo di soggetto attivo attraverso la promozione del confronto con la provincia, la regione, la camera di commercio, le associazioni di categoria, i sindacati e gli altri attori dello sviluppo locale. Questa attività avrà come scopo il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

1 consolidare la struttura economica del territorio;

2 promuovere lo sviluppo di un sistema produttivo locale basato sull’integrazione tra i settori economici tradizionali e i nuovi settori legati all’innovazione tecnologica;

3 attivare processi di attrazione di nuovi investimenti;

4 sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese, in particolare, giovanili e femminili, attraverso iniziative di orientamento e di accompagnamento all’utilizzo delle agevolazioni disponibili;

5 favorire le aziende in attività di marketing (anche tramite corsi di formazione specifici).

Il nostro progetto è un piano di sviluppo economico che rappresenti uno strumento di valorizzazione dell’intera area palagianese senza creare fratture tra il centro urbano e le varie localizzazioni produttive. L’attuale area artigianale rappresenterà a breve un importante realtà produttiva.

La nuova zona industriale, già prevista nel P.U.G., data la sua vicinanza alle vie di comunicazione, costituirà una nuova occasione di sviluppo per il settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, per il loro indotto e per gli insediamenti industriali a basso iimpatto.

Riteniamo, inoltre, necessario perseguire ed incentivare iniziative che, legando l’agricoltura al turismo (aziende agrituristiche, albergo diffuso, ecc.) rappresentano una valida integrazione del reddito agricolo tradizionale e, soprattutto permettono uno sviluppo omogeneo all’intero territorio creando un continuum dal mare al centro urbano.”






Fatto questo certamente non sintetico, ma neanche del tutto esaustivo excursus sull’impegno esperito in veste di assessore, affronterò l’argomento che ha sollecitato il tuo scritto che, in qualche modo, leggo come il preambolo al mio “ben servito”. Mi dispiace sentirti, ob torto collo, costretto ad una scelta per il bene superiore della comunità, ma, in fondo, ognuno deve operare responsabilmente le sue scelte perché la comunità alfine goda, finalmente a pieno, di quello che ha scelto.

La questione tra me e il consigliere Catucci, come hai ben capito, non è una questione politica o che riguarda il partito socialista e neanche è questione di carattere personale, almeno per quel che mi riguarda. Quando il consigliere Catucci afferma di non riuscire a comunicare con me perché si aspetta di essere informato di tutti i provvedimenti che passeranno in giunta in quanto deve essere lui e solo lui a decidere come io devo comportarmi … beh! … io non sono l’utile idiota di nessuno, tanto meno del Catucci. Quando (non per non essere accusata di decisionismo, ma solamente per avere il conforto della giustezza delle mie posizioni) ho portato alla discussione del partito i provvedimenti ritenuti importanti per le decisioni in campo amministrativo, lui non si è neanche presentato. Eppure (anche questo sai bene per le tante volte che ti ho chiesto di rinviare la discussione di determinati provvedimenti) fino alla fine ho cercato in tutti i modi, ma invano, di portare all’attenzione di Catucci le delibere di giunta che presupponevano indirizzi di carattere politico.

Allora la ragionevole spiegazione a tutto questo è un’altra. La spallata non mi arriva solo dal consigliere Catucci, ma anche dal consigliere **********. Non è un segreto che i due hanno fatto coppia (o per meglio dire: combutta). Se prima Catucci poteva essere un enigma, ora non lo è più: dimmi con chi vai e ti dirò che sei. Persino io che per la prima volta mi avvicino alla politica so che nella scorsa amministrazione ********** fece non proprio il “salto della quaglia” (come suole dirsi), ma assicurò in più di una occasione il suo voto all’allora maggioranza, senza motivazioni politiche particolari, ma semplicemente affermando di agire nell’interesse della comunità (guarda un po’, come te oggi!!).

Devo dire che questo senso di responsabilità è ammirevole, ma in fondo poco credibile. Ma lo dico con assoluto disincanto perché so bene che a Palagiano la politica, quella vera, quella che conta è anche questo, anzi, esclusivamente questo. Ragion per cui, perché in fondo Catucci dovrebbe essere un’eccezione? L’importante è aumentare il personale potere “contrattuale”, altro che ragioni politiche o di partito.

Questo tipo di “politica” non mi appartiene e certa invece di aver offerto il massimo della disponibilità e profuso il massimo dell’impegno per tutto quanto è stato nelle mie facoltà (senza alcuna presunzione né ricercando alcuna “visibilità”), se dovrò andare lo farò comunque ringraziando per la splendida esperienza che fin ora mi è stata concessa.



Rita Beretta