Come si misura il provincialismo

8 Aprile 2009 0 Di Life

Non allarmatevi, l’argomento di cui qui si tratta non è la prossima tornata elettorale. Stavo pensando, invece, ad una rubrica fissa sul provincialismo come epifenomeno del reale stato delle cose qui da noi, e immaginavo di intitolarla “Lettere provinciali” o, più semplicemente, “Le provinciali” (così faccio contento pure il pascaliano Barracuda).
Argomento della rubrica sarebbero state delle “stroncature”; alle nostre latitudini il materiale da “stroncare” non manca e, se poi ci si mettono pure quelli che vengono “da fuori”, come Franco Di Mare, rischiamo di rimanerne sommersi.

Prima di parlare di Franco Di Mare, vorrei cominciare con i ringraziamenti di circostanza.
Il primo va al prof. Latorre che, con la sua minuziosa (anche troppo) descrizione del libro, “Il cecchino e la bambina”, oggetto della serata all’Auditorium Comunale, mi ha permesso di farmene un’idea; senza dover sganciare i 17,50 euro previsti per l’acquisto.
A ruota seguono: il Sindaco che, evidentemente con la testa altrove, ha seguitato per la durata dell’intero suo intervento a confondere Di Mare con tal Di Rame (chi sarà mai costui?) e Maria Grazia Mellone che parlava come il nostro amato Presidente del Consiglio dei Ministri: “…nessuno sarà lasciato indietro…” (neppure i più abbronzati, ndr).
Mi scuso con gli altri eventuali intervenuti poiché, preso da impegni più incalzanti, a un certo punto ho dovuto gettare la spugna e recarmi altrove.
Ma il ringraziamento più grande, ovviamente, va a Franco Di Mare stesso che ha voluto degnarci con la sua presenza e, fatto non secondario, “regalarci” un libro a caratteri così grandi; tanto che mi permetto di consigliarlo alle persone più anziane con problemi di vista acuti, magari derivanti da cataratta in stato avanzato.

Franco Di Mare, dicevo, mi ha impressionato per la sua capacità di inanellare una teoria lunghissima di frasi pie e buoniste che manco Veltroni, quando la buonanima era in forma smagliante, si sarebbe sognato di smitragliare (lo so, il termine denota scarso buon gusto da parte di scrive, dato il titolo del libro e l’argomento della serata; per uno volta, però, evitate di fare gli schizzinosi).
Inoltre, ha saputo: a) svariare da Madre Teresa di Calcutta all’apologia delle Forze Armate Italiane, impegnate in operazioni di peacekeeping, con la stessa naturalezza con la quale la Juve di Trapattoni faceva convivere il catenaccio con Platini e Boniek; b) dare una definizione antropologica del male che pure Betori (che si definisce massimo esperto in antropologia del mondo, cattolico e non) si sarebbe rosicato per l’invidia; c) indorare un luogo comune – che più comune non si può: “Italiani, brava gente” -, tanto da farlo sembrare splendente, citando semplicemente un episodio capitatogli in teatro di guerra: un mezzo anfibio (impropriamente da lui definito “carro armato”) italiano che rallenta in una pozzanghera per evitare il bagno a lui medesimo e a una signora lì nei pressi.

I nostri amministratori hanno minacciato di far seguire altri appuntamenti dello stesso tenore nel futuro prossimo: prepariamoci al peggio con robusti anticorpi:
http://www.youtube.com/watch?v=hLDy2nLqoG0

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Mimmo Forleo