Affinità e divergenze tra Grillo e Tarasco

Affinità e divergenze tra Grillo e Tarasco

20 Febbraio 2013 6 Di Life

In un commento a un mio post, l’utente ADANEGRO sostiene che se Grillo avrebbe “fregato” i media (questo sulla base di un mio ragionamento, secondo il quale, a differenza di quanti li gestiscono direttamente, Grillo ne avrebbe meglio compreso la natura), Tarasco avrebbe invece “fregato” un’intera comunità (quella palagianese, alla quale vendette l’ormai celebre slogan “Ti puoi fidare…”).

A dire il vero, ADANEGRO non parla esplicitamente di “comunità”, ma precisa che a rimanere “fregata” sarebbe stata la maggioranza dei palagianesi, che l’ha votato. Questa differenza, tra comunità e maggioranza, è di somma importanza per comprendere una prima diversità esistente tra Grillo e Tarasco, e per stabilire quale dei due personaggi sia in realtà più pericoloso. Proviamo a vedere perché.

Com’è facilmente intuibile, la differenza tra comunità e maggioranza rimanda alla differenza esistente tra comunità e società. Se la prima è da considerarsi alla stregua di un “corpo” (cioè un “tutto” organico all’interno del quale non è possibile il formarsi di maggioranze e minoranze. Sarebbe, dovesse accadere il contrario, come escludere l’Io dal corpo umano e aspettarsi che le sue decisioni vengano prese a maggioranza dai vari organi, o parti, che lo compongono), la seconda invece si caratterizza proprio per il suo permanere in un continuo stato di frammentarietà, per rispondere al quale intervengono decisioni prese a maggioranza. In altre parole, se nella società è possibile, e anzi necessario, far agire il principio democratico, nelle comunità, perché possano funzionare, può valere solo il principio autoritativo, da cui discende il concetto di gerarchia. Basti pensare, per comprendere di cosa in realtà stiamo parlando, alla Chiesa romana, la quale si definisce “corpo mistico” (e quindi comunità), e per la quale risulterebbe catastrofico avviare un percorso di propria democratizzazione.

Possiamo allora giungere a una prima parziale conclusione circa il “grillismo”: contrariamente a quanto finora sostenuto da molti, e giustamente rifiutato dagli stessi grillini, non siamo affatto al cospetto dell’anti-politica ma più semplicemente di fronte a un fenomeno politico caratterizzantesi, al suo interno, per il rifiuto della democrazia. Grillo rappresenta il capo gerarchico di una comunità, e quella stessa comunità, oltre a riconoscere in Grillo il proprio capo, riconosce se stessa solo attraverso il capo. Il principio ispiratore di tutto il discorso, per intenderci, è lo stesso che all’inizio del Novecento veniva chiamato Führerprinzip.

Non poteva essere altrimenti, riflettendoci, atteso che nel grillismo, inteso come movimento, sono confluiti «un guazzabuglio di umori, insomma, più che di idee», come giustamente dice Luigi Castaldi. «È luogo di raccolta, infatti, di numerose suggestioni culturali dalle più varie provenienze (giacobinismo, luddismo, pauperismo, ecologismo, democrazia diretta, un po’ di filosofia New Age) che vi confluiscono perdendone la specificità, pur senza arrivare a una vera e propria sincresi».

Ora. Non mi sembra che le stesse conclusioni si possano trarre anche per Tarasco. A parte l’evidente deficit di carisma (politico) e di senso della gerarchia (propria, ché quella di altri pare riconoscerla pure in modo eccessivamente abbondante) di cui egli soffre, un’altra “qualità” che lo contraddistingue da Grillo è la totale inconsapevolezza (sempre politica) con cui sembra vivere le lotte personali che si danno nella sua maggioranza, che per lui si traducono invece in chissà quali lotte di tipo partitico e ideologico.

Quest’ultimo punto, a ben vedere, somiglierebbe parecchio alle lotte intestine che si davano nei regimi totalitari, ma l’impressione è solo fugace in quanto sappiamo bene che le lotte palagianesi sono sostanziate da interessi, come dire, più terra-terra rispetto agli interessi che contrapposero (con Lenin regnante) Stalin al restante gruppo dirigente sovietico e, dentro la propria cerchia, i gerarchi fascisti e nazisti (rispettivamente guidati da Mussolini e Hitler).

Se proprio si vogliono in qualche modo definire le lotte che si danno a Palagiano, tornerebbe molto più utile ispirarsi al qualunquismo spinto (nel senso che i protagonisti di quelle lotte indossano disinvoltamente qualunque abito politico, purché risulti utile a “nobilitare” e mascherare il coacervo di interessi personali che malamente celerebbero altrimenti) e verificare che anche il grillismo possa dirsi tale.

In effetti, per via del confluire in esso di tante tendenze tra loro contrastanti e incapaci di divenire sincretistiche, si sarebbe tentati di definirlo qualunquista, ma abbiamo appena visto come la nuova parola d’ordine dal grillismo lanciata sia «comunità». E su questa parola si gioca la più grossa delle differenze tra Tarasco e Grillo. Vediamola.

Tarasco, in teoria, atteso il suo dirsi cattolico prima che politico, partirebbe avvantaggiato rispetto a Grillo. Se solo avesse voluto, infatti, invece di giungere faticosamente a elaborare la giusta risposta a un movimentismo che può dimostrarsi suicida (ne sanno qualcosa quelli di Rifondazione comunista, il cui declino è coinciso col loro aderire ai movimenti che si davano nella società. E tale rischio deve essere stato ben presente a Grillo, per indurlo alla scelta di tipo comunitario), avrebbe potuto trasferire il suo essere cattolico in politica e così forgiare, sulla base di quella sua appartenenza, un proprio movimento politico (che non avrebbe mai corso il rischio tipico dei movimenti, in quanto più che movimento il suo sarebbe stato sin da subito embrione di una più larga comunità politica). Tarasco invece, da buon cattolico fedele ai precetti di madre Chiesa, ha acconsentito di farsi rappresentante di una coalizione che contava sulla presenza di “parti” (i partiti) della società già in lotta tra loro. In questo senso la sua è stata una scelta di laicità, in perfetta sintonia con la scelta effettuata da tempo dalla Chiesa, da quando cioè sa di non poter più esercitare sulla società la aperta pretesa di renderla comunità ad essa gerarchicamente sottomessa.

Per quanti si dicono democratici, questa scelta compiuta da Tarasco è solo da apprezzare. Voglio invece adesso vedere come proveranno, gli stessi sedicenti democratici, a giustificare la scelta compiuta da Grillo.

Mimmo Forleo