Perché non cambia nulla

Perché non cambia nulla

4 Giugno 2012 6 Di Life

Riflettere è considerevolmente laborioso, ecco perché molta gente preferisce giudicare.” (Josè Ortega y Gasset)

Non ho trovato sorprendente l’ultima proposta lanciata da Annarita Digiorgio, l’idea cioè di rendere “trasparente” la composizione della Giunta comunale secondo un preciso percorso a step: autocandidature; invio di curriculum; “scelta” operata dal sindaco, valutando le une e le altre.

Sorvoliamo sul fatto che la trasparenza auspicata verrebbe meno attuando l’ultimo degli step previsti; non si comprende infatti sulla base di quale convinzione si potrebbe poi affermare, o negare, che il sindaco le nomine le avrebbe effettivamente compiute “valutando” e “scegliendo”. Non essendoci metodo vincolante per le scelte del sindaco, questi potrebbe sostenere di aver tenuto conto delle candidature anche nel caso in cui nominasse persone diverse da quelle autocandidatesi; chi e in quale modo potrebbe mai smentirlo?

Diventa evidente allora che il valore della proposta è di quelli relativi (per usare un eufemismo): nel migliore dei casi serve a creare un po’ di discussione; nel peggiore dice chiaramente che c’è molta gente in giro che ama sentirsi prendere per i fondelli. Ma torniamo alla mancata sorpresa, almeno per me.

Sul finire della scorsa consiliatura, sempre su proposta di Annarita, il Consiglio comunale aveva deliberato la cosiddetta “anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati”; sempre, ovviamente, con l’intento di rendere “trasparente” il governo della cosa pubblica. Si tratta di un’altra idea balzana, prevedente che gli amministratori pubblici siano tanto fessi da farsi beccare con le mani nella marmellata; si assume cioè che l’amministratore arricchitosi in maniera indebita, vada poi a dichiarare al fisco di quanto si sarebbe arricchito commettendo degli illeciti amministrativi.

Il punto di cui voglio discutere però non è questo; atteso che solo una mentalità puerile può immaginare che l’illecito venga consumato e dichiarato in maniera tanto semplice. Il punto che mi interessa è un altro: come si può rendere realmente trasparente il governo della cosa pubblica?

A mio parere, a forza di focalizzare la propria attenzione sulle figure degli amministratori, si devia il discorso dall’unica domanda che dovremmo sempre porci: l’operato dei governanti è davvero funzionale all’interesse dei governati? Provo a spiegarmi meglio: c’è differenza, dal punto di vista dei governati ed escludendo il discorso penale, tra 100.000 euro sprecati e 100.000 rubati?

Ogni persona sana di mente credo conosca già la risposta: non mi interessa sapere se con 100.000 euro si sono arricchiti in cento oppure uno solo, vorrei capire in quale modo è stato possibile sprecare, o rubare, quei 100.000 euro. Non è giudicando le persone che evito gli sprechi o le ruberie, ma riflettendo sull’uso che è stato fatto di quanto risulta sprecato o rubato. Ammesso che si sia in grado di stabilire quando e come un determinata somma è stata sprecata o rubata.

Il problema è tutto qui, l’aveva ben previsto Ortega y Gasset: giudicare non costa nulla, e non porta di solito a nulla; servirebbe riflessione, ma è considerevolmente laboriosa. È su tale difficoltà che fanno affidamento i politici, i quali sanno bene che lo sport preferito dalle masse è un altro.

Mi fermo qui, ché altrimenti mi tocca trattare del limite della democrazia di massa. E non sta bene apparire poco democratici di questi tempi.

Mimmo Forleo