Stati Uniti: Superpotenza o Super-prepotenza? A cura di A.De Blasi.

6 Marzo 2005 Off Di Life

Il premier Silvio Berlusconi, dopo la sparatoria di Baghdad, aveva usato per la prima volta toni duri con gli Usa, affermando che qualcuno avrebbe dovuto ?assumersi la responsabilit? di quanto accaduto?.
Il ministro degli esteri Gianfranco Fini, al contrario, si era allineato senza esitazioni alla linea americana e al tentativo di chiudere senza ulteriori approfondimenti lo spiacevole incidente. Aveva proposto una sorta di versione riveduta e corretta del destino cinico e baro, definendo la sparatoria di Baghdad ?un macabro scherzo del destino?.
Sicch?, mentre Forza Italia chiede, a giusta causa, le ragioni esatte ed esaurienti di quanto accaduto agli Usa, Fini si candida al ruolo di alleato pi? fedele degli Stati Uniti (fino ad oggi riconosciuto al premier Berlusconi) ed An lo spalleggia nel minimizzare la tragedia.
Il premier, per la ragion di Stato, si compromette ed il vicepremier ne approfitta.
Certo, il gesto quasi inaudito di convocare l?ambasciatore americano da parte del presidente del consiglio Berlusconi ha fatto un forte effetto, cos? come le dure richieste di ?spiegazioni? avanzate dal Quirinale e quel ?qualcuno dovr? assumersi le proprie responsabilit?? che Berlusconi ha pronunciato venerd? sera in conferenza stampa.
Ma pi? in l? di questo, almeno per ora, non si va.
E la reazione americana ? tutto sommato tranquilla: telefonate, assicurazioni, promesse e nulla di pi?.
La preoccupazione circa l?umore del fedele alleato italiano, a Washington, ? evidente, ma altrettanto evidente ? la determinazione a non accettare nessuna responsabilit? che vada oltre ?l? errore tecnico? di qualche soldato.
Ma le parole pronunciate a caldo dalle autorit? italiane sono una cosa, gli atti concreti un?altra.
Le premesse opportune per far chiarezza e rendere giustizia ci sono, bisogner? vedere se continuano ad esserci ancora nei prossimi giorni, quando qualche versione (non ? escluso) comincer? a subire rettifiche.
L?amministrazione Bush non si sta comportando come se temesse davvero che le sue relazioni con Roma possano deteriorarsi oltre il livello di guardia; non lo teme, almeno fino al punto da mettere in discussione il comportamento e ruolo delle proprie forze in Iraq.

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Dunque la versione dell? ?incidente? messa a punto dopo qualche imbarazzo iniziale (cio? che le forze Usa non erano state informate del viaggio verso l?aeroporto che Giuliana Sgrena stava compiendo con gli uomini del Sismi, e che soldati di pattuglia hanno seguito le normali regole di segnalazione ed avviso prima di aprire il fuoco) non ? stata pi? modificata minimamente n? dai comunicati militari, n? da quelli politici, n? infine dalle informative non ufficiali passate ai media statunitensi.
In base a questa versione, la responsabilit? della tragedia ? essenzialmente italiana: per non aver rispettato la regola fondamentale oggi in Iraq, cio? che tutto deve essere sotto controllo Usa.
Dunque si pu? gi? immaginare quale sar? il risultato delle inchieste promesse: una paio di soldati della III divisione di fanteria Usa sgridati per aver sparato in modo sbagliato.
Una cartina tornasole potr? essere presto la risposta americana alla richiesta di rogatoria avanzata dai magistrati italiani per interrogare i soldati Usa coinvolti nella tragedia ed esaminare il veicolo su cui viaggiavano le vittime.
Che la colpa sia tutta italiana lo dichiarano a pieni titoli tutti i media americani, fedeli alla versione imposta dal Pentagono: l?automobile filava a tutta velocit? e gli occupanti non hanno rallentato neanche dopo i ripetuti avvertimenti, compresi gli spari in aria, da parte dei soldati della III divisine fanteria Usa, i quali non sapevano che a bordo di quell? automobile ci fosse Giuliana e gli agenti dei servizi segreti italiani.
Soltanto il Washington Post ha provato a chiedersi: se i soldati Usa hanno sparato contro il blocco motore del veicolo (come prevede la procedura e come dichiara il Pentagono), come si spiegano tutti quei proiettili trovati nei sedili dove sedevano Giuliana e gli altri?
Ma le vittime del ?fuoco amico? sono state anche altre.

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?Maledette siano le guerre e le canaglie che le fanno?, disse Julio Anguita quando seppe che suo figlio, il giornalista Julio Anguita Perrando, era morto in Iraq per gli spari dell?esercito americano.
Pi? tardi, un altro giornalista spagnolo, Jos? Couso, ha potuto vedere come un carrarmato statunitense puntava verso il balcone dell? hotel in cui si trovava. Anche lui ? morto ?sotto il fuoco amico?.
Troppi giornalisti sono morti o sono stati feriti in Iraq.
Troppi iracheni sono caduti sotto i proiettili delle forze di occupazione e le bombe intelligenti, vittime della ?morale di guerra? sbandierata da criminali come il generale Jim Mattis, capo dei marines che hanno devastato Falluja. Alcuni ricordano le immagini dei resti umani di varie persone che assistevano ad un matrimonio in Afghanistan e furono bombardati dagli americani. ?C?era gente in et? militare? aveva follemente giustificato il generale Mattis. E, interrogato dalla televisione Fox su cosa sentisse a Falluja, aveva detto ?Sparare alla gente ? eccitante?.
Che spiegazioni daranno gli americani al governo italiano, altra forza occupante dell? Iraq che ha perso gi? troppi uomini, troppi italiani, tornati a casa avvolti nei sacchi di plastica?
Berlusconi manterr? la sua giusta e corretta posizione di partenza o dovr?, prima o poi, inventarsi uno stratagemma per far accettare senza troppi scandali alla famiglia di Nicola Calipari e degli altri italiani feriti che a colpirli ? stato il ?fuoco amico??
In Europa sappiamo che la manipolazione del patriottismo conduce su strade oscure, senza altra uscita che avanzare verso l?abisso, e che, sebbene Mussolini ed Hitler avessero il favore di maggioranze accecate da un osceno patriottismo, nulla giustifica i crimini che hanno commesso.
Allo stesso modo, il trionfo di George W. Bush alle ultime elezioni non giustifica n? la guerra in Iraq, n? l?occupazione di questo paese, n? l?attuale campagna di minacce inventatasi, questa volta, contro l?Iran e la Siria.
Ma dove altro vogliono arrivare questi americani? Si fermeranno un giorno?

A cura di Antonello De Blasi, col contributo di Luis Sep?lveda, A. Co., Astrit Dakli e Franco Pantarelli (il manifesto).