Cosa potrebbe accadere dopo Mirafiori
18 Gennaio 2011Ho deciso – a referendum Mirafiori acquisito – di postare, invece dell’articolo da me promesso, il copia-incolla (me ne concedo uno anch’io) di un ragionamento ritrovato in rete e che considero molto sensato.
Si tratta di un articolo “lungo”, per gli standard di Palagiano.net, ma di cui consiglio caldamente la lettura poiché lo trovo illuminante per quanti siano alla ricerca di ragionamenti e non di prefiche ideologizzate.
Disalleati.
Mi chiedono per email di spiegare come mai Confindustria non appoggi dichiaratamente e apertamente Marchionne, o per lo meno come mai Confindustria tenga un profilo così basso in una vicenda che impatta principalmente i propri soci. Il motivo è, a ben rifletterci, abbastanza evidente. Non si tratta del ridimensionamento di cui ho parlato (allora le associazioni di PMI dovrebbero essere felici, ma nemmeno loro parlano), ma di un problema molto antico: l’azienda come rendita.
Quando dico che Marchionne ha il pregio di portare il problema dell’indice di produttività all’onore delle cronache, tutti puntano il dito sui sindacati, che indubbiamente hanno il 50% della colpa, essendo incompetenti, obsoleti ed essenzialmente ignoranti.
Il guaio è che quando menzioniamo l’altro 50%, immediatamente diciamo “l’altro 50% della colpa è dello stato, della burocrazia, delle leggi, dei lacciuoli”. Il che è una palla.
E’ verissimo che l’Italia abbonda di leggi, leggine, lacciuoli e tutto quanto, ma non è questo che ferma le aziende. Se il problema fosse la burocrazia, sarebbero avvantaggiate le grandi aziende, che hanno uffici legali e consulenti capaci di digerire qualsiasi mole di adempimenti, mentre verrebbero stroncate tutte le PMI e i singoli consulenti e le partite IVA, che invece devono badare a tutto quanto con le forze del singolo.
FIAT, per dire, potrà anche dover portare a termine 1000 adempimenti per una nuova attività: ha perfetta disponibilità di 1000 impiegati amministrativi che li seguano: semmai sarà l’amministrazione locale a finire sotto stress. Diverso sarebbe se l’imprenditore singolo, Pinco Pallino, deve visitare 1000 uffici per gli stessi adempimenti.
Ma questo non collima coi dati che abbiamo: in Italia nascono più aziende piccole che grandi, e come se non bastasse restano piccole: i paesi a burocrazia asfissiante (la Germania non scherza) hanno MOLTE meno piccole imprese e molte più grandi imprese, e questo proprio/anche perché quando lo stato, il lander, il borgomastro si mettono di mezzo le grandi imprese posso semplicemente pagare un professionista che segua la cosa (1).
La burocrazia produce dei vantaggi competitivi per i soggetti più grossi, il che dovrebbe produrre una selezione verso l’alto, e non verso il basso: non si capisce perché tutti questi piccoli imprenditori debbano sfidare il Moloch, mentre quelli grandi che possono vincere se ne vanno. Si aprono molte più piccole imprese di quanto le grandi imprese ne approfittino per crescere a loro spese.
Il vero problema è che in fondo la bassa produttività agli imprenditori non dispiaceva tanto. Se vuoi crescere, metti da parte quel milione di euro e apri un’altra sede. Se non vuoi crescere, ti resta quel milione di euro e ci compri uno yacht, per poi riempirlo di bagasce.
Questo è essenzialmente il motivo per il quale le associazioni di PMI, e Confindustria, non prendono posizioni così nette nei confronti della vicenda Marchionne: Marchionne sta sollevando un problema di produttività. E’ disposto ad aprire una fabbrica solo se produce almeno tot, lavorando sempre a pieno ritmo. Il che significa porre sul tavolo il problema della produttività.
Immediatamente il sindacato si inalbera, dal momento che la minaccia di fermare la produzione (lo sciopero) è la sola forza di un sindacato incapace ed incompetente che non sa fare il proprio mestiere, ma la questione ha messo in difficoltà anche la controparte.
Supponiamo che FIAT decida di produrre 250.000 auto l’anno in uno stabilimento. Avrà bisogno di manutenzione intensiva agli impianti, materie prime, parti di auto, eccetera. Avrà quindi bisogno di fornitori. Se per dire un impianto viene usato anche di notte, se si guasta la notte il fornitore dovrà garantire supporto anche di notte (2), per evitare 16 ore di fermo per un guasto serale.
Supponiamo pure che oggi FIAT produca la metà, e solo di giorno. I casi sono due: o FIAT trova il doppio dei fornitori (uno che gli faccia manutenzione di giorno e l’altro la notte, quello attuale che gli fornisce le parti più un secondo che gli fornisca la seconda metà), oppure avrà bisogno di fornitori altrettanto performanti.
Se è vero che FIAT sta chiedendo maggiore produttività agli operai, è anche vero che la sta chiedendo allo stesso modo a tutto l’indotto e a tutti i contoterzisti.
Ora, immaginate una Marcegaglia che vorrebbe scendere in campo con Marchionne, o il presidente dell’associazione dei piccoli industriali che vorrebbe scendere in campo, e dice ai suoi soci: “Bene, finalmente si parla di produttività! Tu, Gino, niente troia nuova quest’anno, devi comprare macchinari nuovi Tu, Beppe, vedi di risparmiare perché devi informatizzare l’azienda, e tu, Antonio, fatti un cazzo di corso di inglese che ci sarà da parlare con gli americani”.
E supponete che la risposta sia
Ehi, io voglio una nuova troia col labbro salvagoccia di serie, non se ne parla proprio. Quei macchinari non sono “vecchi”, sono “collaudati”.
Ehi, io sono della vecchia scuola, mio nonno usava i bigliettini di carta, mio padre usava i bigliettini di carta, io uso i bigliettini di carta, non voglio usare il computer: sto coniugando la tradizione con la modernità.
Ehi, io non posso studiare inglese, non parlo neanche un italiano decente! Come faccio a studiare la grammatica inglese se non so che cosa sia un genitivo nella MIA grammatica? E poi, con gli americani ci si capisce a gesti e fucilate, come sempre.
Capite che al presidente di Confindustria potrebbe anche prendere un pelo di sconforto.
La verità è che una nazione a bassa produttività faceva si comodo ai sindacati e ai relativi iscritti fancazzisti, ma faceva ALTRETTANTO comodo ad una classe di imprenditori che in questo modo poteva evitare l’appuntamento con la continua modernizzazione delle imprese, e spendere i relativi soldi in uno stile di vita abnorme.
Questa è la ragione per la quale Marchionne è un problema grave sia per un sindacato obsoleto, cialtrone ed incompetente che per una confindustria altrettanto obsoleta, cialtrona e incompetente.
Due grossi stabilimenti che lavorano h24 ad alta produttività significano due indotti che dovranno lavorare allo stesso modo, oppure perdere le commesse di FIAT e trasformare gli stabilimenti in due cattedrali nel deserto. Ma due indotti ove le PMI lavorino h24 ad alta produttività significa che tutte le altre PMI dovranno fare lo stesso, o venire obliterate dalla maggiore capacità produttiva di quelle dell’area FIAT.
Capite ora che se Marchionne è un incubo per FIOM, in quanto toglie allo sciopero il ruolo centrale nel rapporto sindacale, lo è ancora di più per le PMI, dal momento che pone un problema, la produttività, che è un incubo anche per le PMI italiane, che quanto a tasso di produttività possono anche andare a nascondersi, e quasi sempre è colpa loro.
Non è possibile entrare in una PMI e notare nel parcheggio 3 auto da 100.000 euro ciascuna, nuove, mentre entrando dentro lo stabilimento si notano 3 macchinari da 100.000 euro ciascuno, ognuno dei quali OBSOLETO. Il rapporto dovrebbe essere invertito, e i 100.000 euro andavano spesi diversamente.
Questa è la ragione del basso profilo del mondo delle PMI italiane. A parole sono tutti liberisti e ammerigani, ma in pratica fanno un uso scandaloso del giro di cassa, hanno uno stile di vita da grandi industriali anche quando sono delle PMI, non hanno progetti di crescita perché “piccolo è bello”, hanno attrezzature e metodi obsoleti, sono essi stessi impreparati al management.
Marchionne vuole costruire stabilimenti che lavoreranno anche di notte, e che non tollereranno che poco ritardo nelle consegne, e che dovendo lavorare a ciclo continuo richiederanno degli standard di qualità alti per le forniture, che andranno manutenuti giorno e notte, che avranno bisogno di servizi giorno e notte.
Ogni titolare di PMI sa che alcune aziende nell’indotto FIAT si adatteranno a quei ritmi. E poi faranno loro concorrenza anche sul mercato interno. FIAT è il 60/70% degli ordinativi per le aziende dell’indotto, il che pone il problema del rimanente 30%: se il rimanente 30% di capacità produttiva raddoppia di portata, le aziende che iniziano a seguire il criterio di alta produttività diventeranno dei concorrenti formidabili per chi rimane al vecchio metodo a bassa produttività.
In una nazione malata di rendita pianificata, Marchionne porta un veleno temibile, che è il concetto di produttività pianificata.
Questo spiega il perché questo cambiamento poteva venire solo da un grande gruppo industriale, meglio straniero. In passato, quando il problema della produttività veniva sollevato all’interno del cortile italiano, chi lo sollevava si trovava ad avere CONTRO il resto degli imprenditori, che invece pianificavano l’azienda come rendita e non volevano rischiare un mercato più “fluido”, nel quale chi gestisce bene un impianto può togliere la rendita a chi lo gestisce peggio.
Se il sindacato è stato il cartello dei fancazzisti e dei raccomandati, Confindustria è stata sinora la lobby delle imprese che, tutte assieme, tengono una bassa produttività allo scopo di non pestarsi i piedi le une con le altre. Un cartello al ribasso: se tutti andiamo piano, nessuno supera gli altri. E le aziende diventano rendite garantite. Lo stesso dicasi delle associazioni delle PMI.
In questo senso, il sindacato e confindustria si sono lavati le mani l’un l’altro: al sindacato la bassa produttività faceva comodo per tenere la sua posizione di rendita politica, agli industriali faceva comodo per non dover investire nelle aziende e tenere i soldi in tasca.
Quando le regole del gioco sono accettate da entrambe le parti, che vi trovano un equilibrio vivibile, è chiaro che solo dall’esterno del campo di gioco possa arrivare qualcosa che stravolge tutto. E sia chiaro, non è impossibile che nel tempo questa perturbazione venga riassorbita: il silenzio delle associazioni di imprenditori è un messaggio chiaro: stanno cercando di capire se debbano allearsi con Marchionne o no. Ma “o no” ha un significato preciso: allearsi col sindacato FIOM, per tenere ferma l’Italia.
Sinora nessun giornale ha avuto il coraggio di andare a verificare come stiano le cose nell’indotto FIAT. Se gli imprenditori siano disposti a lavorare con qualità migliore, con produttività migliore, ad integrarsi nell’inevitabile sistema informatico che sottende tutto questo.
Perché se la risposta dell’indotto è che intende continuare a lavorare come sempre, il nuovo equilibrio è chiaramente quello di imprenditori che vogliono restare obsoleti alleati di un sindacato che faccia loro da foglia di fico per rimanere come sono.
Nel non prendere una posizione per Marchionne, Confindustria e le associazioni di PMI stanno semplicemente valutando di prendere posizione con FIOM.
Per tener fermo il paese.
Per questo, oggi è necessario che Marchionne vinca. Anche perché non è detto che ne arriverà mai un altro, e questo potrebbe anche essere l’ultimo treno prima della solita controriforma italiana che, alleando tutte le forze retrograde, cronicizzi i mali del paese.
Uriel
(1) Vale anche coi redditi. Oltre i 300.000 euro di reddito i tedeschi non pagano praticamente più tasse, perché con circa 30.000 euro/anno (in su) è possibile pagare un professionista che crei figure societarie no-profit a ritorno di capitali occulto, GMBH [l’equivalente delle nostre S.p.A., ndr] con attivo di 1 euro per i primi 5 anni, e così via. Essendo legale, non viene considerata evasione fiscale, ma questo è un bell’invito ad arricchire abbastanza da potersi pagare un simile professionista. Oltre i 300.000 euro, circa, si guadagna abbastanza da rendere vantaggiosa la pratica.
(2) Qui in Germania io per esempio faccio call-out, a turni, anche nei week-end e di notte.
http://www.wolfstep.cc/2011/01/disalleati.html