IL DIRITTO ALLA DIGNITA’ NEGATO

IL DIRITTO ALLA DIGNITA’ NEGATO

18 Agosto 2012 2 Di Life

 

In un’assolata giornata di Agosto, una delle tante, passata nella routine di tutti i giorni, quasi distrattamente apro un quotidiano nell’intento di far passare velocemente il tempo oltre che esorcizzare il caldo che mi opprime.

La mia attenzione è subito rivolta alla lettura di un articolo che è pubblicato a tutta pagina. Parla della morte di un ragazzo di 21 anni per una malattia neoplastica.

Avrei subito relegato la notizia nelle tante che, purtroppo, siamo continuamente abituati a sentire. Ormai sembra di essere entrati in una condizione, direi in una “dimensione” umana dove un malato che muore diventa la regola imprescindibile e che la vita, quella degli altri, sia un affare che non ci appartiene. E’ questa una delle tante storie di uomini e di donne che ci passano davanti, ci sfiorano, cariche del peso della sofferenza, ma che ci vedono spesso semplici spettatori indifferenti in una inerzia spesso condita da un atteggiamento fastidioso per essere a volte costretti a soffemmarci, sia pur per qualche attimo di secondo, a pensare.

Pasquale Calò, questo il nome del ragazzo di San Giorgio Jonico, che muore per non aver potuto accedere al servizio di trasporto gratuito dei malati oncologici, aveva 21 anni, era affetto dalla malattia da quando ne aveva quattro di anni.

Aveva proprio bisogno di quel “servizio” di cui anche noi dell’Associazione Echèo ne abbiamo parlato in passato. Aveva bisogno di quattro trasfusioni alla settimana presso l’Ospedale Moscati di Taranto a causa delle innumerevoli terapie chemioterapiche che avevano causato l’accumulo di ferro nel sangue.

A causa dei cosiddetti “tagli” alla sanità, il servizio, dapprima è stato prorogato per qualche mese, poi ridotto sensibilmente. Ne poteva e ne può avere diritto solo chi, dopo essere stato esaminato da un perito, risulta soggetto di una grave patologia. Ma si sa il periodo estivo non aiuta a colmare questi processi burocratici. Pasquale aspettava il perito. Pasquale aspettava un assegno di cura che certamente lo avrebbe aiutato a sostenere i costi di trasporto in modo autonomo. Pasquale aspettava che il Prefetto, che ha subito preso a cuore il suo caso, potesse far smuovere tutte le pedine necessarie per ritornare ad avere il servizio di trasporto che gli era stato negato. Pasquale aspettava che il Comune ed i Servizi Sociali del Comune di San Giorgio Jonico, si muovessero a dargli una mano.

Pasquale aspettava.

Nessuno, forse, ha capito che quello che Pasquale aspettava era il rispetto di tutti alla sua “dignità”. La dignità che merita ogni uomo di non essere mai lasciato solo a soffrire ed a combattere la malattia e quello che è peggio la burocrazia di enti e di funzionari. Pasquale non c’è l’ha fatta ad aspettare ancora una volta, lo ha fatto per 17 anni e ci lascia un’altra storia di malasanità da raccontare. Un’altra storia che presto andrà ad unirsi alle cento, mille e più storie del nostro tempo, avvolte dalla ipocrisia generale e che nel tempo rimarranno scolpite nella memoria delle sole persone che hanno condiviso le gioie e le speranze, i momenti belli e la tragedia finale dei loro protagonisti.

La nostra Associazione ha spesso denunciato casi di malasanità ma si è anche resa protagonista di casi di buona sanità.

La nostra sensibilità è però messa a dura prova quando apprendiamo notizie come questa. E’ come se tutti i nostri sforzi, alla fine, non valgano a nulla. Anzi, è come assistere inermi al crollo delle proprie convinzioni che ci indicano che dopotutto è possibile migliorare il nostro mondo, basta volerlo.

Pasquale, in fondo, lo abbiamo abbandonato un po’ tutti noi, per la nostra incapacità di essere veramente “prossimo” al malato sofferente, per non essere stati capaci di sovvertire le regole della nostra società.

Se Pasquale non c’è l’ha fatta, ci sono ancora tanti Luigi, Maria, Francesco, Antonia, Domenico, Pino …… che ci passano davanti, ci sfiorano e ci ricordano che anche loro hanno bisogno del nostro aiuto ed a farci capire che la morte di Pasquale non deve rimanere inutile.

Sussulto sulla sedia e con la mia memoria vado a ricordare i nomi di tutte quelle persone che abbiamo incrociato, con il carico delle proprie storie di malattia, in questi anni frequentando il reparto di oncologia dell’Ospedale di Castellaneta.

E’ proprio ricordando i loro sguardi, i loro abbracci e le loro strette di mano che un po’ ci fa sentire codardi nel momento in cui ci lasciamo prendere dallo sconforto e dal senso di inutilità delle cose che facciamo.

Dobbiamo continuare a credere davvero in un mondo migliore, dove ognuno deve fare la sua parte lasciando il solco della propria presenza e del proprio impegno. Solo così Pasquale non sarà morto invano.

Pasquale Rizzi  – componente dell’Associazione Echèo Onlus Palagiano