Amici e parenti… al centro

Amici e parenti… al centro

25 Novembre 2012 4 Di Life

George Orwell, in 1984, considerava tipici dei sistemi totalitari (ovverosia statalizzati, includendovi anche la democrazia. Spesso infatti si tende a dimenticare che Orwell fosse un anarchico e si usa restringere arbitrariamente il campo della sua critica ai soli totalitarismi di stampo nazista e comunista, escludendone appunto la democrazia) il bispensiero e la neolingua. Il bispensiero non consiste in altro che nella capacità di far convivere nel medesimo momento un’istanza razionale con un’altra di tipo irrazionale; l’uso della neolingua invece rende possibile emendare un termine eliminando il suo significato originario e attribuendogliene uno tutto nuovo, che al potere non appaia difettoso o, quantomeno, non contrastante con l’istanza di tipo irrazionale che in un dato momento esso intende far prevalere su quella razionale.

Rendiamo il tutto meglio comprensibile con un esempio che parli di volontariato.

Tradizionalmente per “volontariato” siamo abituati a intendere un’azione intenzionale che riposa esclusivamente sull’uso della volontà. Anche recarsi su un posto di lavoro e mettersi a lavorare richiede un atto intenzionale di volontà, ma in questo caso la volontà non può essere invocata come motivazione esclusiva dell’atto stesso in quanto sappiamo bene che a fare da incentivo concorre un corrispettivo; ovvero: alla prestazione lavorativa fa da corrispondente una controprestazione, solitamente quantificabile in denaro.

Attenendoci dunque al rispetto della razionalità e all’uso del termine consolidato nel linguaggio, al termine “volontariato” possiamo attribuire uno e un solo significato:

Prestazione, sotto forma di servizio, non prevedente altra contropartita se non quella di tipo morale che può venirne al prestatore.

Vale a dire: il prestatore si sente soddisfatto dall’intimo piacere morale che la sua prestazione gli procura; è possibile allora escludere che una contropartita in denaro possa in qualche modo surrogare il soddisfacimento di tipo morale che tale prestazione può procurare.

La prova di quanto Orwell fosse nel giusto comprendendo anche la democrazia tra gli assetti istituzionali di tipo totalitario, assetti cioè facenti largo uso del bispensiero e della neolingua, è possibile rinvenirla nel caso italiano in una legge: la n. 266 dell’11 agosto 1991, “Legge quadro sul volontariato”.

Detta legge, dopo aver definito nell’Art. 2, comma 1, in questo modo l’attività di volontariato:

Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.”,

all’Art. 5, comma 1, prevede che:

Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da:

contributi degli aderenti;

contributi di privati;

contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti;

contributi di organismi internazionali;

donazioni e lasciti testamentari;

rimborsi derivanti da convenzioni;

entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.

Focalizziamo adesso la nostra attenzione sulle voci “contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche…” e “rimborsi derivanti da convenzioni” e chiediamoci se lo Stato possa assolvere all’attività di beneficenza.

È da notare come tutte le voci comprese nell’Art. 5, ad esclusione delle due appena citate, configurino vere e proprie attività di beneficenza; intendendo questa come:

Un privarsi da parte di chi ne dispone, di beni e risorse ottenuti per via di lavoro o di contratto (un’eredità ricevuta, ad esempio).

Tale privarsi di qualcosa di cui si ha piena disponibilità, in poche parole, rende possibile assimilare l’atto di beneficenza a quello di volontariato; la differenza è solo di tipo formale in quanto chi dona attraverso la beneficenza si priva di un bene o del suo equivalente monetario, mentre il volontario mette a disposizione parte del suo tempo. Ma sappiamo che il tempo è monetizzabile e quindi risulta assimilabile a qualsiasi altro bene avente valore economico.

Ne deduciamo che lo Stato può sì fare beneficenza, ma solo attingendo a beni o equivalenti monetari che siano nella sua piena disponibilità. Ossia: beni e somme monetarie derivanti da donazioni di privati cittadini che non abbiano apposto a dette donazioni vincoli riguardanti una loro diversa destinazione.

Ogni uso a scopo di beneficenza di beni e somme conseguiti dallo Stato attraverso tasse e imposte, ad esempio, sarebbe da considerarsi illegittima in quanto destinata a fine improprio. Lo Stato non tassa per farsi benefattore, ma solo per assicurare la propria esistenza e fornire determinati beni e servizi ai suoi cittadini.

Andiamo adesso a un caso concreto di uso improprio di risorse detenute dallo Stato, o da altro Ente, in maniera non pienamente disponibile.

Sul sito del Comune di Palagiano è apparsa nei giorni scorsi la seguente Deliberazione di Giunta, avente per oggetto una “Convenzione tra il Comune di Palagiano e l´Associazione di Volontariato … per lo svolgimento di attività integrative e di supporto ai servizi pubblici”.

A parte il fatto che sin dal titolo è possibile intuire a quale distorsione vadano soggetti concetti come “beneficenza” e “volontariato” quando si ha che fare con un ente pubblico che li trasforma in “servizi pubblici”, qui diventa oltremodo interessante notare ed evidenziare un paio di cose:

1) l’Associazione di Volontariato di cui si dice nella Deliberazione conta all’interno del proprio organo dirigenziale: il fratello del Sindaco, il fratello di un consigliere comunale e un candidato dell’UDC alle ultime Comunali. Si dirà forse che sono tutte persone stimabilissime la cui condotta è sempre stata improntata dal disinteresse personale. Non ne dubitiamo affatto, ma permetteteci di far osservare che la fornitura di “servizi pubblici” da parte di un ente pubblico dovrebbe sempre seguire l’iter consolidato: indizione di gara e successiva aggiudicazione al miglior offerente.

In questo caso, invece, vengono assegnati € 10.450,00 senza colpo ferire per “attività integrative e di supporto ai servizi pubblici” la cui durata temporale è pari a poco più di 6 mesi (la loro decorrenza va dal 20 Novembre 2012 al 31 Maggio 2013), e si ha pure l’ardire di presentarlo come un affare per il Comune: “dando atto che il corrispettivo mensile è stato rideterminato per le vie brevi in € 1.650,00 mensili in considerazione della necessità di ridurre le spese di bilancio”;

2) la medesima Associazione è già assurta “alla ribalta delle cronache” suo malgrado l’estate scorsa, quando il responsabile di un’altra associazione operante a Palagiano, impelagatosi in un’ardua discussione con l’Arci vertente sulla legittimità o meno del bando sulle colonie estive, non riuscì a pensare niente di meglio a difesa della reputazione della propria associazione che citare come concorrente alla stessa gara un’associazione infarcita “di parenti e amici degli attuali amministratori”.

Sapete per caso indovinare, o magari ricordate, il nome di quell’associazione?

Mimmo Forleo e Giacomo Di Pietro