Cosa sta accadendo?

Cosa sta accadendo?

1 Marzo 2013 5 Di Life

Secondo quanto previsto nel mio precedente post, E adesso cosa accadrà?, Grillo ha “cortesemente” rinviato al mittente l’invito rivoltogli da Bersani a governare insieme al PD; con Bersani stesso presidente del Consiglio. Avevo infatti previsto che Grillo avrebbe declinato ogni proposta tesa a “ingabbiare” il suo movimento in un governo comprendente la presenza, accanto ai grillini, di personalità provenienti dai partiti che il M5S non ha fatto mai mistero di voler “spazzare via”.

Avesse accettato quel tipo di proposta, Grillo avrebbe ottenuto l’effetto contrario a quello sperato e per cui si è speso negli ultimi anni; ad essere spazzato via sarebbe stato il suo movimento, ancor prima che i rappresentanti eletti nelle sue liste mettessero piede in Parlamento. Se è vero quanto riportato dagli organi di informazione – e cioè che nel movimento si sarebbero create, all’apparire della proposta bersaniana, due ali contrapposte, una favorevole al “dialogo” e l’altra decisamente contraria – abbiamo un’ulteriore dimostrazione di quanto possa essere aleatoria la vita dei movimenti, e di quanto questi necessitino della figura carismatica di un leader. Insomma, pensare che i movimenti possano essere “palestre” di democrazia è esercizio buono per quanti alla politica si sono avvicinati l’altro ieri.

Non va dimenticato che il successo di Grillo venne fondato su una scommessa: i partiti hanno collezionato così tante cavolate e perso tanta di quella credibilità, da rendere più che probabile il successo di un movimento che prometta di spazzarli via e, basandosi sulla credibilità personale nel frattempo guadagnata dal sua leader, potendo garantire che insieme ai partiti spazzerà via anche le malversazioni di cui si sono resi autori e reciprocamente complici.

Solo a qualche “anima bella” poteva adesso venire in mente, dopo il successo ottenuto da tale scommessa, che la palingensi promessa Grillo potesse barattarla con un “pugno” di democraticità e di rispetto formale per le istituzioni. Quest’ultimo, all’occorrenza, Grillo sa pure mostrarlo, ma solo quando i rappresentanti delle istituzioni dimostrano di non essere del tutto asserviti ai partiti dai quali sono stati nominati; il ringranziamento rivolto a Napolitano costituisce ottima testimonianza in questo senso.

Regolata la “questione” Grillo, restano sul campo quelle relative a Bersani e Berlusconi. È difatti inutile fare riferimento a PD e PDL, atteso che Bersani, nonostante una “vittoria” che sa di sconfitta, non vuol saperne di farsi da parte, e atteso pure che al PDL, tolto Berlusconi di mezzo, non rimarrebbe alcun cervello con cui ragionare.

Di Bersani ho già detto di come seppe complicarsi la vita già nel 2011, quando rifiutò di andare alle elezioni subito dopo le dimissioni del governo Berlusconi, resta adesso da dire di come sia andato completamente nel pallone dopo le ultime votazioni.

Dopo aver provato a rifilare una “proposta” di governo a Grillo, che gli ha solo fruttato l’epiteto di “morto che parla” e che non ha nulla di offensivo laddove si rifletta sulla fine politica che lo attende, Bersani ha rispolverato un arnese che aveva promesso di utilizzare quando ancora si era in campagna elettorale: fare “scouting” a danno del M5S e procurarsi così i tanti senatori che gli mancano.

Già il fatto che l’arnese in questione non sia stato inventato adesso, ma se ne parlasse ancor prima del voto, dovrebbe far riflettere su quanto Bersani e i suoi erano realmente convinti di potercela fare a vincere, ma passiamo oltre. Adesso Bersani sa con certezza che il suo destino è legato a quello di Grillo. Se a Grillo riesce di mantenere intatto il proprio movimento, la storia politica di Bersani possiamo già considerarla finita. Neanche un miracolo potrebbe salvarlo dalla marea che rischia di travolgerlo insieme al suo partito, e forse l’unica soluzione, per poter almeno salvare il partito, è costituita dal suo farsi da parte e dalla cessione a Renzi dell’ingrato compito di metter su un governo.

Il problema è dato dal fatto che Renzi sa benissimo che, in caso di alleanza con i grillini, il suo ruolo si ridurrebbe a quello di semplice esecutore di ordini; e sotto questo profilo per lui sarebbe molto più conveniente allearsi col Cavaliere. Al Cavaliere interessa in questo momento mettere “in riga”, democraticamente, i giudici, e non è detto che al PD, messo anche lui in stato d’assedio dalla magistratura, non convenga fare altrettanto. Quanto al programma di governo, pur mettendo insieme le minchiate contenute nei loro rispettivi programmi elettorali, rischierebbe comunque di apparire un inno al realismo, se confrontato con quello di Grillo.

Il vero rischio semmai potrebbe essere un altro. Ripetere cioè gli stessi errori che hanno condotto Grillo a trionfare: lasciare intatta la macchina statale e continuare a credere che la ripresa economica in Italia verrà da sola.

Il Paese ha invece urgente bisogno più che di riforme, ché sappiamo bene in cosa si risovono queste in Italia, di essere rivoltato come un calzino: tagli drastici alla spesa pubblica (non date retta a quanti vi diranno che è già stata tagliata. Al massimo, la spesa pubblica italiana ha subito qualche episodio di leggera limatura nell’aumento di spesa previsto per gli anni a venire), semplificazione estrema della macchina statale (con se occorre, e occorre!, riduzione del personale imboscatovi), forte semplificazione legislativa (all’Europa viene imputato di interessarsi delle misure dei peperoni, ma in Italia siamo riusciti a mettere il naso anche nei contratti tra privati), privatizzazioni e liberalizzazioni.

Temo però che PD e PDL non riuscirebbero nemmeno se messi spalle al muro ad agire nel senso qui auspicato, e credo pure che, nel caso di un loro governo capace di durare cinque anni, neppure a Grillo riuscirebbe di mettere in atto il suo programma di governo. Per quella data, l’Italia sarebbe già diventata un ricordo rinvenibile solo sulle cartine geografiche dei libri di storia.

Mimmo Forleo